Robert Menasse, La capitale [Sellerio, 2018]

Bruxelles, la “capitale” dell’Unione Europea, è teatro delle vicende di diversi personaggi, tutti protagonisti di loro storie individuali in un quadro complessivo più complesso. Ed uniti tutti dalla visione di un maialino in fuga che, come impazzito, attraversa la città portando con sé il mistero della sua corsa.

In scena la burocrazia europea, ma anche i mille volti di un’Europa sempre più in crisi di identità, o meglio ancora in corso di mutazione.

Il libro è anche una critica al sistema dell’Unione Europea, ai suoi sprechi, ai suoi meccanismi ed alle sue commissioni (in particolare la vicenda riguarda la commissione cultura, quella senza portafoglio!, che a costo zero deve giustificare la sua esistenza pianificando un Jubilee che nessuno vuole e che alla fine fallirà, come molti inutili progetti europei, salvo decretare un avanzamento di carriera della responsabile del progetto stesso) a volte troppo lontani dai popoli che vi vivono e che l’alimentano.

Non esiste una storia principale, ma neppure una narrazione corale: esiste una storia che può essere vista da diversi punti di osservazione che alla fine confluiscono tutti nell’essere umano, visto con la lente ironica e satirica di Robert Menasse.

Così ci sono reduci di Auschwitz, rampanti cipriote in cerca di affermazione, indaffarati funzionari e politicanti di mestiere, detective all’ultimo giorno di lavoro, ma anche terroristi stravaganti coperti dai servizi segreti di Città del Vaticano.

Proprio lo stile di Robert Menasse (64enne austriaco) è il punto di forza di una storia che altrimenti, in certi passaggi, risulterebbe anche scollata: pungente, critico, distorsivo.

Il maiale in fuga è il fil rouge che lega i personaggi, ma anche il mistero che, nell’ultima pagina, annuncia un seguito che non c’è dubbio aspettiamo con ansia.

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