Essere liberi è sapere appartenere

Si tratta davvero di un drammone, di quelli che alla fine fanno pensare, non solo per le tematiche sociali (condizione della donna, spaccato di New York alla fine degli anni ‘60), ma anche per il significato dei singoli personaggi (una escort ed un gigolò), il loro atteggiamento nei confronti della vita e il loro potenziale messaggio al pubblico.

Vorrei però soffermarmi solo sulle ultime sequenze del dialogo fra “Fred” Paul Vajak (interpretato da George Peppard) e Holly (Audrey Hepburn) ormai in partenza, o almeno così si penserebbe, per Rio de Janeiro dopo l’ennesima delusione d’amore.

essere liberi è sapere appartenere

La figura di Holly è quella di una persona che fatica ad accettarsi ed accettare la realtà, per questo continua a subirla. Vorrebbe manipolarsi nascondendosi in altre identità e continuando a fuggire il momento della resa dei conti, quello che inevitabilmente ci metterà di fronte a noi stessi. Stavolta è diverso, perché Paul è diverso: ha costanza, ha radici ben piantate, ha ambizioni di normalità e di riscatto, ha sogni tangibili e per questo realizzabili.
Anziché continuare a scappare, Paul “Fred” invita Holly a rimanere con lui accettando la libertà di appartenere non a lui, ma alla vita, alla sua identità, ai suoi sentimenti.

Non male come lezione di fine anno …

Vuoi sapere qual è la verità sul tuo conto? Sei una fifona, non hai un briciolo di coraggio, neanche quello semplice e istintivo di riconoscere che a questo mondo ci si innamora, che si deve appartenere a qualcuno, perché questa è la sola maniera di poter essere felici. Tu ti consideri uno spirito libero, un essere selvaggio e temi che qualcuno voglia rinchiuderti in una gabbia. E sai che ti dico? Che la gabbia te la sei già costruita con le tue mani ed è una gabbia dalla quale non uscirai, in qualunque parte del mondo tu cerchi di fuggire, perché non importa dove tu corra, finirai sempre per imbatterti in te stessa.

Colazione da Tiffany (1961)

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