Diario della Quarantena /34 – 10 consigli sulla didattica a distanza

C’è di positivo che la situazione di emergenza ci sta facendo riflettere sulla didattica (e quindi sulla pedagogia). Nel fiorire di interventi, segnalo questo pubblicato su ScuolaOggi.com (Alcune note sulla didattica a distanza), di Stefano Stefanel.

Dopo una prima interessantissima ed utilissima distinzione fra didattica a distanza e didattica digitale, che non sono la stessa cosa (!), Stefano Stefanel dell’articolo individua allora 10 consigli/suggerimenti per far funzionare, secondo il suo ragionamento (che condivido), la didattica a distanza.

Di seguito riporto i titoli, lasciando a tutti la lettura dell’articolo, ma mi soffermo nel riprodurre il decimo consiglio, quello che ritengo il più sensato e didatticamente necessario

  1. Dalle domande agli studenti alle domande degli studenti.
  2. Dall’interrogazione al colloquio colto. 
  3. Dall’esperienza di classe all’esperienza personale. 
  4. Dai compiti per casa ai compiti di realtà. 
  5. Dalla verifica di quanto trasmesso alla ricerca della complessità: dal disciplinare al pluridisciplinare. 
  6. Dal fare i compiti allo scrivere libri. 
  7. Dalla penna alla tastiera. 
  8. Da segnalare libri (letture) a segnalare link. 
  9. Dalla lingua madre al plurilinguismo. 
  10. Dall’orario dei docenti all’orario degli apprendimenti. Pensare che Didattica a distanza possa rispettare gli orari della Didattica in presenza è una pericolosa perdita di tempo. Mimare da remoto, attraverso video incontri o lezioni frontali, i tempi della presenza significa stare dentro un medium senza averne capito nulla. I consigli di classe, i team docenti, i dipartimenti dovrebbero attivarsi per rivedere la propria progettazione curricolare slegandosi dall’idea (morta) di programma. I programmi non si potranno finire né quest’anno né mai, ma bisogna, invece, costruire curricoli anche temporalmente al passo con il processo di apprendimento degli studenti. Era una cosa che bisognava aver fatto prima, ma che adesso diventa imprescindibile e come tale deve essere attuata nell’emergenza. Passata la prima fase accompagnata dall’entusiasmo dei neofiti, degli avanguardisti, degli estremisti del web e di quelli della carta, si deve transitare alla mediazione processuale per capire qual è il tempo migliore per sviluppare apprendimenti e per cementate conoscenze. Inutile rimanere ancorati all’orario: il mattino si spiega il pomeriggio si studia. Il tempo non è più quello che conoscevamo, le giornate sono più brevi di prima perché la solitudine annulla i tempi e cambia i ritmi. E quindi anche la scuola deve essere diversa. Il tempo della Didattica a distanza e della Didattica digitale non può essere quello della Didattica in presenza, scandita oltre che dalle sveglie mattutine anche dagli autobus, dai treni, dagli scuolabus, dalle mense, dai rientri, dagli orari dei genitori, dallo sport, dalla dottrina, dai gruppi musicali e culturali, dalle feste, dagli incontri, ecc. Bisogna ripensare il tempo della scuola, collegandolo a quello dell’apprendimento in situazione di emergenza. Serve un tempo nuovo, magari un tempo senza tempo, in cui ci siamo perché apprendiamo, non perché siamo obbligati a esserci.


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