Diario della Quarantena /49 – non è un paese per anziani

Abbiamo poche certezze sulla FASE 2 e sulla sua attuazione: quando ci sarà, come si svolgerà, quanto recupereremo di quello che abbiamo lasciato da parte prima del lungo periodo di quarantena e limitazioni. O meglio, una ce l’abbiamo: non sarà un Paese per anziani!

Intanto l’Italia è fra i Paesi nel mondo con l’età media più alta, dunque è un Paese per lo più abitato da anziani, con un forte decremento delle nascite e allungamento dell’età media. Per questo è un Paese anziano e proprio per questo agli anziani sarà rivolto un pensiero particolare prolungandone le limitazioni, in ragione del fatto che il maggior numero di decessi è avvenuto fra persone della fascia d’età più alta:

(fonte: il Corriere della Sera del 20 aprile 2020)

Da questo punto dovrà partire la nostra riflessione per il futuro, dai due estremi: diminuzione delle nascite, e quindi diminuzione dei futuri giovani molto spesso tentati dagli abbagli dell’emigrazione, e aumento in via esponenziale dell’età media. Che se da una parte è una ricchezza in cultura e tradizione, dall’altra ci espone più di altri ai rischi pandemici.

Una riflessione particolare che deve investire tutte le nostre politiche sociali, economiche e lavorative: essere un Paese di anziani vuol dire fornire assistenza adeguata, pensioni adeguate e investire magari su un ricambio lavorativo adeguato che contempli l’ingresso dei giovani nel mondo del lavoro e l’uscita dei meno giovani con maggiore flessibilità.

Abbiamo bisogno di ripensare io mondo previdenziale e lavorativo fornendo diritti a chi entra nel mondo del lavoro contribuendo attivamente alla definizione dello stato sociale e contemporaneamente azzerando i privilegi di chi a questo stato sociale non guarda.

Il punto nodale resta il potenziamento dei beni essenziali perché siano universalmente esigibili, fra questi istruzione e sanità debbono essere considerati i pilastri, insieme al lavoro, di uno stato equo e solidale.

Il nostro sistema sanitario ha fatto acqua da tutte le parti, soprattutto in Lombardia dove sono state pagate a caro prezzo scelte di privatizzazione della sanità pubblica e tagli di posti letto. E qualcuno dovrà pagare per tutto questo, per questa strage nelle RSA, per questa incapacità governativa (la regione Lombardia da oltre 20 anni è in mano a governi di centro-destra, da Formigoni a Maroni, tutti in un modo o nell’altro inquisiti proprio per interventi sulla sanità regionale).

Certo sarà pesante limitare ancora i più anziani, soprattutto se il panorama è quello descritto da Massimo Gramellini nel suo editoriale breve (caffé) del 24 aprile (che vi riporto per intero).

La voce secondo cui il governo potrebbe prolungare la clausura di tutti coloro che hanno compiuto sessant’anni sta gettando molti miei conoscenti in uno stato di prostrazione. Poiché ho solo 59 anni, 6 mesi e 22 giorni, non posso neanche lontanamente immaginare come si sentano. Ma comprendo il loro avvilimento. L’età che il governo indicherà nel prossimo decreto finirà per essere interpretata come il nuovo spartiacque tra gioventù e vecchiaia. So bene che la commissione Colao (58 anni, 6 mesi e 21 giorni, un ragazzetto anche lui) non si muove sulla base di antipatie personali, ma di valutazioni statistiche legate alle probabilità di contagio. E però dire a un sessantenne di oggi che rappresenta un soggetto a rischio significa deprimerlo ben oltre i suoi demeriti, ribaltando il racconto che di lui è stato fatto negli ultimi tempi dalla pubblicità e dalla moda, che lo ritraggono in pose sportive e in preda a pulsioni adolescenziali.

Ricordo il sessantesimo compleanno di mio nonno, un secolo fa. Con il bastone, il baschetto sulle ventitré e la coperta di lana appoggiatagli amorevolmente dalla nonna sopra le spalle curve, mi apparve vecchissimo. Oggi mi guardo allo specchio – pardon, guardo i miei amici – e vedo volti vivaci, voglie inesauste e rughe sapientemente occultate. Per dire, Fiorello a maggio avrà sessant’anni, ma sembra molto più giovane di Di Maio. Mi appello al commissario Colao: liberi Fiorello e tenga dentro Di Maio.



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