Ubriacato dalla voce del mare

Antico, sono ubriacato dalla voce
ch’esce dalle tue bocche quando si schiudono
come verdi campane e si ributtano
indietro e si disciolgono.

La casa delle mie estati lontane,
t’era accanto, lo sai,
là nel paese dove il sole cuoce
e annuvolano l’aria le zanzare.

Come allora oggi in tua presenza impietro,
mare, ma non più degno
mi credo del solenne ammonimento
del tuo respiro. Tu m’hai detto primo

che il piccino fermento
del mio cuore non era che un momento
del tuo; che mi era in fondo
la tua legge rischiosa: esser vasto e diverso

e insieme fisso: e svuotarmi così d’ogni lordura
come tu fai che sbatti sulle sponde
tra sugheri alghe asterie

le inutili macerie del tuo abisso.

Eugenio Montale, Ossi di seppia


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