Pensare è difficile. Per questo la maggior parte della gente giudica

C’era una volta la libertà di pensiero, la possibilità di dire argomentando tutto ciò che si pensava. C’era lo scontro (verbale e di idee) per l’ansia di cercare la verità, per la voglia di scoprire e di andare a fondo. L’agone scientifico era animato dalla sfida a superarsi e dal desiderio di gloria. Ma c’era anche il rispetto per le tesi altrui, magari lette per smontarle, tuttavia con la consapevolezza che le posizioni avverse avevano un fondamento che meritava di essere approfondito, studiato e poi semmai demolito. C’era il progresso delle idee.

Adesso ci sono i blocchi granitici di divisioni ideologiche: c’è l’ansia di dividersi ed etichettarsi, lo spirito manicheistico di sopraffare l’altro, vissuto come avversario per dimostrare a tutti i costi la sua (presunta) ignoranza. Una gazzarra, una continua autocitazione dalle stesse fonti, la fine della conoscenza come epistemologia, perché basata su un circolo vizioso.

Ah l’uomo che se ne va sicuro,
agli altri ed a se stesso amico,
e l’ombra sua non cura che la canicola
stampa sopra uno scalcinato muro!

C’era una volta anche la capacità di dire: “ho sbagliato, hai ragione tu”. Oggi c’è invece il desiderio accecante di ignorare le argomentazioni altrui per offendere senza aver ascoltato o letto.

C’era la capacità di ascoltare, empatizzare, argomentare: oggi ci sono i blocchi di semplificazioni che si accumulano per petitio principii. Esistono idee di regime e propaganda che vengono sbandierate ed altre che, scomode, non vengono presentate né approfondite.

Si è perso lo spirito critico e la lettura: l’accesso immediato ai titoli delle notizie non porta ad approfondire, non porta a leggere.
Alessandro Baricco parla di Barbari, quelli che sono schiavi dell’algoritmo di Google e che hanno conoscenze di superficie.

L’auspicio è che si ritorni ad ascoltarsi e a rispettarsi: ma in una società figlia della competizione del mercato, del vessillo del merito e dell’individualismo più spinto, non c’è futuro per la conoscenza finché non si partirà dal rovesciamento dei paradigmi di riferimento. Più solidarietà, più umanità, più umiltà.

“Pensare è difficile. Per questo la maggior parte della gente giudica”
(Carl Gustav Jung)

“Il primo livello di sapienza è saper tacere,
il secondo è saper esprimere molte idee con poche parole,
il terzo è saper parlare senza dire troppo e male.
Si deve parlare solo quando si ha qualcosa da dire, che valga veramente la pena, o, perlomeno, che valga più del silenzio.”
(Hernàn Huarache Mamani)


Rispondi