Intervista a Ivano Porpora

Facebook è un ottimo mezzo di trasmissione di informazioni, basta avere la pazienza di cercare. Mi è capitato di trovare un libro molto interessante. Un “corso letterario di scacchi”. Ne è autore Ivano Porpora, giovane promessa della narrativa italiana e soprattutto giocatore di scacchi. Sempre online, l’ho intervistato…

Innanzitutto, qual è la differenza fra uno “spingilegno” e un giocatore di scacchi?
È una differenza semplice da capire, e che poi si allarga a tutto nella vita. Gli spingilegno – woodpushers, in inglese – sono quelli che spingono i pezzi sulla scacchiera, e poi vedono come va. Non concepiscono piani; non capiscono che negli scacchi non muovi solo tu, ma anche l’avversario; non hanno consapevolezza, nemmeno remota, del valore simbolico, artistico, tecnico, psicologico degli scacchi. Ora, che c’entra la vita? Pensa alla scrittura. Quanti libri conosci che vengono scritti “spingendo legno”, ossia: con scene che si sviluppano una dopo l’altra senza un pensiero profondo alla base, un nocciolo di senso che dirige le scene e articola la storia? Per capire la differenza, leggi un McCarthy, un King, uno Steinbeck o i miei amati slavi: Hrabal, Kundera, Kiš, Maandel’stam, Dostoevskij, Kafka, Gombrowicz, o ancora spostati in America Latina con Cortázar, Bolaño, Benedetti, Soriano. Quanta complessità linguistica e di pensiero trovi, pur nelle loro specificità – come negli scacchi è facile capire, per esempio, se le mosse sono state giocate da Tal’ o da Petrosjan –; e quanta sensazione hai che il filo logico segua un percorso di passione e calcolo insieme, che proietta lo scrittore sempre un metro oltre la pagina? Ecco: gli scacchi sono l’incontro dell’apollineo e del dionisiaco, ma lo diventano davvero nel momento in cui accetti le conseguenze delle tue azioni, delle tue mosse, e ti spingi oltre la semplice spinta del pezzo di legno. Nella vita, uguale.

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