Génie la matta, di Inès Cagnati [Adelphi 2022]

Per tutti è semplicemente “Génie la matta”, forse perché non parla con nessuno, forse perché lavora in tutte le fattorie senza una vera ricompensa per il duro lavoro e le umiliazioni a cui è sottoposta, solo con una cena fatta di avanzi di fine giornata per lei e per la figlia, forse perché cammina sempre con un cestino e la testa bassa.

Vero, ha Marie, la piccola Marie, che le sta sempre alle calcagna, che la segue a fatica, ma non si risparmia pur di stare al passo con la madre. “Non starmi addosso”, “Torna a casa”, “Vai a letto” sono le uniche parole con cui comunica con Marie. La sera torna a casa, prepara la cena, si toglie gli stivali e con un fiammifero pulisce il callo screpolato. Poi si lascia cadere nel letto per recuperare le forze perché la mattina dopo c’è da fare in un’altra fattoria. La sua casa è poco più che una topaia, umida, nascosta in un vialetto di salici piangenti che sente parlare, lontana da tutti, fra le volpi, i corvi e altre bestiacce che di notte popolano con i loro latrati il silenzio dell’abbandono. Génie non ha avuto niente dalla vita, nessuna gioia, nessuna felicità: la figlia per lei è a volte una condanna. Marie almeno ha Pierre, incontrato una notte in una stazione quando oramai era troppo tardi anche per l’ultima corriera. Marie ha sua madre da seguire, sua madre a cui vuole bene senza ricevere mai una carezza, sua madre da accudire e da aspettare nelle sere gelide d’inverno. Anche quando arriva la proposta di Antoine di formare una nuova famiglia e ricominciare, la crudeltà degli uomini, più che il destino, è inesorabilmente in agguato…

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