Quello che l’Europa chiede e che l’Italia ignora in materia di istruzione

Bisogna continuare a parlare di Scuola perché è l’Istituzione più bistrattata di tutta la nostra Repubblica: senza risorse, senza un progetto politico adeguato alle spalle, sempre alla mercé di tutte le campagne politiche.

Si parla della Scuola quando si vogliono sottolineare i “ritardi” del nostro sistema scolastico rispetto al resto dell’Europa, ritardi tutti da dimostrare perché -ma sarebbe troppo lungo scriverne qui e adesso, ma ho provato ad accennarlo qui) – si basano solo su sterili confronti di numeri esito di test standard, oppure quando si vuole criticare l’impreparazione dei docenti e del personale scolastico, mai quando si vogliono portare notizie di investimenti sostanziosi in risorse ed idee.

Mentre si sta portando a compimento l’ennessimo disastro pedagogico con l’approvazione del DL 36/2022, è interessante notare che gli unici temi che appassionano la politica sono il taglio della card-docenti per finanziare la premialità nella formazione (vecchi pallini brunettiani tornano …), come tagliare 10.000 posti docenti, come ridurre la scuola allineandola all’Europa (superiori quadriennali) …

L’Italia spende per l’istruzione 8.514 euro per studente, il 15% in meno della media delle grandi economie europee (10.000 euro). Se si guarda alla spesa pubblica, il nostro Paese investe per scuola e università poco più dell’8% del budget statale a fronte del 9,9% medio registrato nell’Unione europea. La Francia è al 9,6%, la Germania il 9,3%, la Svezia il 14%.
Anche rispetto al Pil, quella italiana è la spesa più contenuta: 4% contro la media Ue del 4,7%. Per tutti i settori scolastici, più di noi spendono anche paesi come Giappone, Stati Uniti, Canada e Brasile e, se è vero che la spesa di uno Stato aumenta al crescere dell’istruzione, è altrettanto evidente che in Europa siamo davanti solo alla Romania in numero di laureati, rapportati all’intera popolazione. Il rapporto di Unimpresa «I giovani e l’istruzione: la spesa pubblica in Italia e i divari da colmare» fotografa un quadro impietoso per il nostro Paese. 

Il PNRR stanzia delle risorse che non sono strutturali, dunque non permetteranno di adeguare gli organici ad un ampliamento del tempo scuola utile per differenziare l’offerta scolastica e combattere la dispersione scolastica, di rendrendere obbligatorio il settore 0-6, di garantire percorsi di reclutamento programmati, continui, abilitanti …

Ma l’Europa non richiede anche investimenti adeguati in Istruzione? Stranamente su questi punti il nostro Paese, inteso come i nostri governi, nicchiano sempre. Chissà come mai.


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