Breve storia dei vasi comunicanti [Einaudi, 2019]

Davide Mosca, che dirige a Milano la libreria “Verso”, è autore consumato di romanzi, thriller d’ambientazione storica, tra cui Le notti nere di Praga (Mondadori), Non colpevole (Newton Compton), La cripta dei libri profetici (Newton Compton), Il profanatore di biblioteche proibite (Newton Compton), Più sicuri Più sicuri di sé con Raymond Chandler (Chiarelettere), oltre a biografie e altri romanzi storici.

Con questa nuova prova di narrativa (Breve storia dei vasi comunicanti) cerca di sperimentare altre forme diegetiche, prova ad esplorare altri stili anche se non mi pare ci riesca con successo. La storia, in parte autobiografica, parla del fragile equilibrio fra corpo e psiche, fra essere e ciò che si vorrebbe essere, fra esistenze che sembrano fluttuare sul baratro irreversibile della caduta ed è fin troppo esemplare, fin troppo delicata, per essere un romanzo. Traccia un percorso di speranza, che non è legato unicamente al caso o a un accidente, ma alla volontà di cambiare che deve nascere in noi stessi. Nonostante il giudizio entusiasta di Raffaele Morelli, psichiatra e psicoterapeuta (“un capolavoro”), Breve storia amorosa dei vasi comunicanti è un romanzo prevedibile, lento, scontato. Non è scritto male, si lascia leggere e si lascia apprezzare per coinvolgimento affabulativo, ma fin dalla prima pagina è possibile capire come andrà a finire, dal primo incontro il finale sembra già scritto. Il romanzo inoltre lascia spesso e volentieri lo stile della narrazione per rivestirsi della pesantezza del saggio didascalico: «La quotidianità è una prigione quando un uomo è chiuso in una stanza con la porta sbarrata e non gli viene in mente che bisogna tirare invece di spingere. Imparare la forza rivoluzionaria di questo piccolo gesto mi condusse un passo fuori dall’annus horribilis». Più adatto ad un manuale che non ad una narrazione.

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