Il tuffo (BigSur, 2018)

Philipe “Moose” Finch è l’ambizioso vicedirettore del lussuoso Grand Hotel di Brighton, dove nell’ottobre 1984 si svolge un congresso in cui è ospite il Primo ministro britannico Margaret Thatcher: se tutto andrà bene, potrà aspirare ad un ruolo di maggiore prestigio e dare una svolta alla sua vita da quarantacinquenne divorziato con figlia a carico. La frenesia dei preparativi porta però Moose ad un infarto: lui che era abituato a gareggiare e vincere paure e vertigini dal trampolino adesso è fermo sulla pedana a ripercorrere la sua vita di flash in flash, schiacciato da un’esistenza grigia che fa male più di un tuffo di schiena. Grigia è anche la vita di Freya, che, al termine delle superiori, cerca di mettere in fila le sue di ambizioni ‒ soprattutto sentimentali ‒ con le priorità di una vita con i piedi per terra.

È in bilico fra l’esistenza metodica e calcolata del padre e le aspirazioni di una giovane donna che crede e cerca ancora l’amore. Vuole andare via dalla monotonia di una vita fatta di straordinari alla reception, fatta di serate a casa con il padre dopo l’abbandono della madre, ormai lontana in America. Sogna la Spagna, sogna una svolta. Nelle loro vite invece si abbatte il ciclone dell’IRA: Dan da Belfast organizza infatti nella notte del 12 ottobre 1984 un attentato dinamitardo per colpire Margaret Thatcher e dare voce ai dolori della sua Irlanda. Ha vissuto l’umiliazione della conquista inglese, vive tutti i giorni di piccoli espedienti. In quella notte tutto precipita: il rumore, la bomba, l’onda d’urto, le vite e le ambizioni spezzate. Per tutti, senza vincitori né vinti, senza neppure un cambiamento, perché la Lady di Ferro resta illesa ed anzi da questo scampato pericolo rafforzerà la sua leadership… Lee mostra un’accattivante ingegnosità verbale che riesce a coniugare le frasi spezzate destinate a cambiare con le più devastanti osservazioni mai fatte sul terrorismo.

Leggi il resto su Il Mangialibri

Rispondi