Preferirei di no…

Lo scrivano Bartleby è il protagonista dell’omonimo racconto breve di Herman Melville (1853). Ma è soprattutto il precursore di un atteggiamento tipicamente novecentesco (non a caso si parla di influenza su Kafka e Camus) legato all’esistenzialismo e all’incapacità di stare al mondo, di comunicare, di adattarsi anche alle regole più elementari …

Herman Melville, Bartleby lo scrivano (1853)

Critica sociale? critica letteraria? critica psicologica e psicanalitica? disadattato? oppresso? anti-eroe?
Ci sono tantissime letture del racconto di Melville (qui un interessante post da LetteraTour), a noi deve però rimanere quel mantra

I would prefer not to (preferirei di no)

I prefer not to (preferisco di no)

che deve riecheggiare nella nostra coscienza ogni volta che ci viene chiesto di fare qualcosa, ogni volta che la vita ci pone di fronte a scelte ed a decisioni di cui non siamo sicuri, che vanno a cambiare la nostra essenza, la nostra esistenza.

Suona come una sfida al sistema, in realtà appare di più come un istinto di sopravvivenza: uno scrivano che lavora a Wall Street, lavora alacremente, ma non si lascia schiacciare dalle richieste (tutt’altro che insensate, peraltro) del suo datore di lavoro. Semplicemente si isola nella sua dimensione individuale e oppone la sua resilienza al sistema.

Bartleby è un personaggio modello che ci spinge a riflettere su tutto ciò che ci snatura nella nostra società, ci spinge alla resistenza passiva e mite, forte almeno tanto quanto una bomba … il “no” gentile, però deciso, a tutto ciò che ci può snaturare

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