Noi invece, quali foglie fa nascere la fiorita stagione
di primavera, non appena crescono ai raggi del sole,
ad esse simili per breve tempo dei fiori di giovinezza
godiamo, dagli dei non conoscendo né male
né bene; e le Kere ci stanno accanto nere,
l’una tenendo la fine della dolorosa vecchiaia,
quell’altra della morte; e pochissimo dura di giovinezza
il frutto, quanto cioè sulla terra si volge il sole.
Poi quando certo sopraggiunge questa fine di giovinezza,
subito esser morti (è) meglio della vita:
molti mali infatti si verificano nell’animo: qualche volta il patrimonio
si dissolve, e si impongono i dolorosi effetti di povertà;
un altro invece poi sente la mancanza dei figli, dei quali moltissimo
soffrendo il desiderio va sotto terra nell’Ade;
un altro ha una malattia che distrugge la mente; né c’è alcuno
tra gli uomini al quale Zeus non dia molti mali.
Mimermo
Leopardi nel canto XLI riprende il tema della caducità umana e molto deve a Mimnerno di Colofone.
grazie. Si tratta di un topos che va da Omero fino ad Ungaretti. Prossimamente, se hai pazienza, proverò a scrivere un post riepilogativo che spero tu vorrai arricchire …. ciao!