La Repubblica delle commissioni

Ho rispetto per il lavoro del nostro presidente del consiglio dei ministri, se non altro perché deve trovare un equilibrio fra la burrasca della pandemia (novità assoluta che non ha ereditato da nessun governo precedente) e l’insipienza della classe politica con la quale cerca di fare argine alle onde della contingenza (questa sì, la classe politica, l’ha ben ereditata da decenni di vuoto post-Prima Scellerata Repubblica).

Dunque fra una tirata di Di Maio e lo starnuto di Renzi, fra il bonfonchiamento scomposto dei fascio-leghisti e l’inconsistenza della sinistra, Giuseppi ha un bel da fare … e dove trova le soluzioni? Istituendo commissioni a più non posso, task force, stati generali dell’ascolto e così via…

Intendiamoci: è bene e giusto che il governo coinvolga associazioni e parti sociali, soprattutto, nell’elaborazione di un progetto politico. Questo vuol dire, o vorrebbe dire, fare un’azione attenta ed accurata che tenga conto di tutte le esigenze sociali possibili, rendendole partecipi, più o meno attive (perché poi la decisione spetta a Governo-Parlamento).

Però non mi convince l’idea di assoldare quasi 300 tecnici al servizio di 6 manager per gestire i fondi del Recovery Fund: si tratta di una “terza camera” del nostro Parlamento, a cui affidare poteri decisionali non indifferenti, con un filo diretto col triumvirato Conte – Gualtieri – Patuanelli … Di fatto è sfiduciato l’intero Parlamento, e lo capirei!

Capisco anche il suo disagio a dover discutere in Parlamento, in questo Parlamento, quello stesso che ospita singolari individui che sbraitano senza mascherina e si azzuffano sapendo che ci sono le telecamere a riprendere (perché altrimenti si astengono e/o non ci sono). Non mi convince anche perché abbiamo visto alcuni esiti infausti dei lavori di queste commissioni, come nel caso del Piano Colao per la Scuola, di cui non s’è saputo più nulla.
Vanno bene i tecnici, servono sicuramente a conferire sostanza alla politica, però non devono determinarla: devono sviluppare ed individuare punti di forza e debolezza di progetti politici, dare loro le gambe per progredire, però non possono tracciar

A questo punto puntiamo ad una nuova e più radicale riforma costituzionale, per abolire il Parlamento, almeno finché questi sono i politici che lo compongono.

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