Social media e Trump: è censura?

In occasione della svilente e gravissima offensiva dei sostenitori di Donald Trump che ha portato a violare il suolo del Congresso USA, l’artefice, ovvero lo stesso presidente uscente, è stato prontamente oscurato e bloccato dai principali social media (Facebook e Twitter su tutti) che hanno riconosciuto la gravità e la pericolosità di alcuni messaggi lanciati dal presidente.

In effetti, Donald Trump ha sobillato e incitato quell’occupazione, annunciata e fomentata di settimana in settimana prima e dopo le elezioni del 4 novembre 2020: con le sue critiche, ha gettato fango sulla democrazia americana sminuendo l’esercizio democratico del voto senza riconoscere la sconfitta e per di più facendo capire che ci sarebbe stata una ferma e netta opposizione a quei dati che sarebbe sfociata anche in scontro fisico.

Facebook, come Twitter, ha un codice etico di comportamento che normalmente ammette la libertà di pensiero, ma è diventato più attento alla verifica dei messaggi che possono incitare alla violenza, al terrorismo, al sessismo:

Per impedire e interrompere atti di violenza reali, non permettiamo la presenza su Facebook di organizzazioni o individui che proclamano missioni violente o che sono coinvolti in azioni violente. Questo include organizzazioni o individui coinvolti nelle seguenti attività:
– Terrorismo
– Odio organizzato
– Omicidio di massa (compresi i tentativi) o omicidio plurimo
– Traffico di esseri umani
– Violenza organizzata o attività criminale
Rimuoviamo inoltre contenuti che esprimono supporto o elogio di gruppi, leader o individui coinvolti in queste attività.

Le decisioni unilaterali di queste piattaforme social di sospendere account (pubblici o privati poco importa) che trasmettono contenuti contrari al loro codice etico mettono in discussione la libertà d’espressione e la libertà di pensiero?
Non credo proprio, anzi si tratta della legittima applicazione di un regolamento interno che l’utente in questione ha accettato quando si è iscritto alla piattaforma ed ora ha palesemente violato.

Ma un simile comportamento da parte dei social media non limita la libertà di espressione che può essere esercitata altrove con altri mezzi.

Piuttosto nel caso di Trump, così come in quello di molti altri utenti (haters) meno famosi, possiamo dire che i social sono stati anche tardivi nell’intervenire, visto che nel suo quadriennio da presidente non ha mai smesso di lanciare messaggi razzisti e di odio.

Vediamo come si sono giustificati i social (fonte Agi):

Facebook – Gli account Facebook e Instagram di Donald Trump sono sospesi a tempo indeterminato, almeno fino al 20 gennaio, data del passaggio di consegne con il presidente eletto Joe Biden.
Mark Zuckerberg ha giustificato questa decisione in una nota pubblicata giovedì. “Gli eventi scioccanti delle ultime 24 ore dimostrano che Donald Trump intende usare il tempo che gli resta per minare la transizione pacifica del potere con Joe Biden”, ha scritto. Ecco perché “crediamo che lasciare che il presidente utilizzi i nostri servizi durante il periodo di transizione sia un rischio troppo grande”. Secondo il ceo di Facebook, “il contesto è cambiato. Le nostre piattaforme sono state utilizzate per incitare all’insurrezione violenta contro un governo democraticamente eletto “.

Snapchat – Il social network dedicato a foto e video ha sospeso l’account ufficiale del presidente degli Stati Uniti fino a nuovo avviso. 
Donald Trump utilizza Snapchat per distribuire i contenuti che pubblica su Facebook o Twitter. A giugno il social network aveva già ridotto la visibilità dell’account presidenziale e solo gli  abbonati potevano vedere i suoi Snap. Non vengono più visualizzati nella scheda ‘scopri’, dove sono archiviati i post di celebrità e media.

Twitch – La piattaforma Amazon, specializzata nella trasmissione di video in diretta, ha  sospeso l’account di Trump per un periodo indefinito. “Date le circostanze eccezionali e la retorica infiammatoria del presidente, riteniamo che questo sia un passo necessario per proteggere le nostre comunità e impedire che Twitch venga utilizzato per incitare ulteriori violenze”, ha spiegato l’azienda che deciderà il da farsi dopo il passaggio di consegne del 20 gennaio. Può sembrare sorprendente che un capo di stato sia presente su una piattaforma nota soprattutto per la distribuzione di videogiochi, ma Donald Trump utilizza Twitch come canale aggiuntivo per trasmettere in diretta le riunioni della sua campagna o le conferenze stampa. Il social permette inoltre di raggiungere un pubblico – la community dei gamers – che è ben lungi dall’essere insensibile alla retorica conservatrice.

Shopify– Shopify non è un social network, ma una piattaforma per realizzare siti di shopping online. Giovedì ha chiuso due shop legati al comitato elettorale di Donald Trump e alla Trump Organization, il conglomerato della famiglia del presidente uscente. Su TrumpStore.com e shop.donaldjtrump.com era possibile comprare t-shirt, cappellini o flute da champagne con il logo ‘Make America Great Again’ o Trump 2020.
“Le azioni del presidente Donald Trump violano i nostri termini di servizio, che vietano la promozione o il sostegno di organizzazioni o individui che chiudono un occhio sulla violenza se promuove una causa”, ha affermato la società. Tuttavia, altri negozi legati a Trump, come officialtrump2020store.com, sono ancora online.

YouTube – YouTube non ha sospeso l’account ufficiale di Donald Trump, ma ha cancellato il video di mercoledì sera. La piattaforma video di Google ha cambiato la sua politica di moderazione dei contenuti all’indomani degli eventi a Capitol Hill. D’ora in poi, qualsiasi video che contesti i risultati delle elezioni presidenziali americane riceverà uno “strike”, o, nel linguaggio di YouTube, una sospensione di una settimana. Tre “scioperi” ricevuti in meno di 90 giorni porteranno alla chiusura del canale incriminato. YouTube specifica che questa nuova politica si applicherà a “qualsiasi canale, chiunque sia dietro”. 


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