Garantire la tutela dei dati personali in tempo di Covid – come ti traccio col greenpass

Detto che uno dei tanti problemi nella Scuola in questo momento è la gestione del green pass (oltre al green pass stesso!), ovvero il controllo di circa 1 milione di persone tutti i giorni, i dirigenti scolastici (non tutti, ma molti) stanno cercando di convincere stavolta il Ministro Bianchi che non solo i tamponi per chi non si vuole vaccinare non devono essere gratis, ma che le scuole devono avere accesso completo tramite software ad una banca dati che permetta di sapere subito chi è vaccinato e chi no.

Solerte, come sempre in questi casi, il Ministero sta già studiando, con l’aiuto di Sogei, un software piattaforma che si tramuta in app da installare su tutti i telefoni dei dipendenti.
Il passo successivo è breve: interfaccia col Ministero della Salute e banche dati.
Nel frattempo alcuni si sono mossi per chiedere, inopinatamente, in anticipo ai propri dipendenti di dichiarare se sono vaccinati o meno: il tutto conforme alle richieste di ANP che desidera poter risalire attraverso i controlli a liste di vaccinati e liste di non vaccinati.
Ora, pur comprendendo le enormi difficoltà di gestione dei controlli, ricordo anche il grande dissenso dell’opinione pubblica quando ad inizio pandemia Cina e Corea avevano imposto il tracciamento di tutta la popolazione con applicazioni obbligatorie per tutti: si parlava dell’ennesimo atto autoritario del governo di controllare la vita dei cittadini. Non a caso la app Immuni, miseramente fallita, non ne prevedeva l’obbligo.
Al di là della fantasiosa (ma non troppo) richiesta di liste di vaccinati e non (situazione che comunque non faciliterebbe i controlli dato che lo status di ognuno può cambiare anche semplicemente per una quarantena o una malattia …, costringendo in ogni caso al controllo giornaliero), al momento il Garante della Privacy è al lavoro per capire quali dati si possono fornire.
L’orizzonte è grigio, se non nero, perché sembrerebbe sdoganare il controllo di Stato, sollevando lo stesso dalla responsabilità, vera e concreta, di combattere il virus, prevenendolo e curandolo (senza commentare, aggiungo che la stampa ha dato poca enfasi anche alla notizia che una cura per il Covid è già stata approvata, con anticipo: ma di questioni scientifiche, per mia ignoranza, non tratto e le riporto con il beneficio del dubbio di chi non ha competenze in questo campo).

Personalmente ritengo che:
non si possa costringere un dipendente/lavoratore a scaricare un’applicazione sul suo telefono, dato che il passaporto verde può essere stampato (anche in alcuni luoghi convenzionati, come le farmacie);
– il controllo deve essere limitato al “semaforo verde” o “rosso” per definire se il passaporto verde (ottenibile anche dai non vaccinati che si siano sottoposti a tampone) è valido o meno.
Regge per ora la tutela dei dati sanitari (ovvero se il green pass è stato ottenuto per vaccino o per tampone), ma visto il contorno politico sarà una dura lotta.
C’è poi il caso di quelli che sono esentati dal passaporto: che fare?


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