È un’amara sorpresa per Cornelius, sollevando il drappo di cotone, scoprire che lo scudo che ha conservato con tanta cura perché simile allo scudo che ebbe come culla Ercole secondo il racconto di Teocrito e con tutta la sua preziosa ruggine, sulla quale ha adagiato ancora in fasce il piccolo Martin il giorno del suo battesimo per introdurlo nella società borghese accorsa a festeggiarlo, è stato accuratamente ripulito dalla domestica.
Brilla. Nulla rimane delle vecchie tracce del passato misterioso, per questo tanto glorioso. Ciononostante non può fare a meno di decantare le lodi del bambino prodigio che già dai primi vagiti si è mostrato al mondo con tutta la sua eccezionalità, dal momento che è stato in grado di riprodurre ben nove diversi suoni di altrettanti animali, ovviamente a lui sconosciuti essendo appena uscito dal grembo della madre. Il piccolo Martin del resto è nato con segni inconfondibili del suo raggiante futuro: la verruca simile a quella di Cicerone, il collo torto come quello di Alessandro, la gamba più corta come quello di Agesilao. Cornelius, il padre, non vede l’ora di far conoscere al predestinato l’universo mondo, trascinandolo alla deriva fra territori ancora inesplorati, terre ostili, animali ferocissimi quanto rari. Non di questo avviso la premurosa madre. Sotto questi auspici nasce Martin Scleberius, e questo è solo l’inizio della sua tragicomica esistenza…
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