L’infinito senza farci caso, di Franco Arminio [Bompiani, 2019]

“Abbiamo bisogno / di un luogo […] Amare è costruire un luogo, / cioè un pezzo di mondo / con un dio dentro”: possiamo cercare ovunque un posto dove realizzarci, ma nessun luogo può sostituire il paese delle nostre emozioni, delle nostre passioni. E soltanto lì, nell’amore in tutta la sua fisicità, c’è la quiete: “Il tuo corpo è l’unico posto / dove c’è spazio per noi due”. E’ un viaggio (“la nave / delle rose” ; “Fare entrare l’altro dagli occhi, / da un fianco, dal buco di una vocale”) oltre ogni tipo di confine (“Togliete i confini, / il filo spinato.”) da un corpo all’altro corpo (“La fiamma dei vivi / è la vicinanza”), un viaggio che sublima la fisicità stessa (“Il sesso non frequenta i quartieri a luci rosse”) verso la pace (“Tornare agli occhi, / allo sguardo / il tuo sguardo salvavita”).

Ma è un amore che scalpita (“Ero dentro la tela dei miei nervi, / sputavo l’aria, non la respiravo”) e trasborda vitalità. Anche se, l’amore vero, come la poesia vera, rappresenta un fallimento per il semplice fatto che tende a rendere lineare qualcosa che non lo è: “La poesia e l’amore / sono il nostro cadere più vero / nel mondo: / stiamo luccicando prima di spegnerci”. Anche la poesia, come l’amore, è un percorso, una continua ricerca: “Io non so che cosa sia l’amore. So cosa sono le intimità provvisorie”, tanto che si cerca di riscrivere “l’alfabeto sentimentale”…

Continua su Mangialibri


Rispondi