Tempi duri, di Mario Vargas Llosa [Einaudi 2020]

Sam Zemurray, un omaccione enorme e mal vestito, sopravvissuto ai pogrom russi, barba incolta, senza cravatta, incontra per la prima volta Edward Bernays, genio della pubblicità, ebreo come lui, ma colto, distinto, impomatato e di buone maniere, nel suo ufficio di Manhattan.

Sam è il proprietario di una azienda in Guatemala dove coltiva banane che poi esporta in tutto il mondo: la United Fruit Company. Gli affari andrebbero anche bene, se non fosse che il presidente guatemalteco Arévalo sta portando il Paese ad una svolta socialista: uno Stato progressista, con una riforma agraria, l’introduzione dei sindacati, la democrazia. È chiaro che in questo contesto la sua sana attività commerciale rischia grosso: si tratta di pagare le tasse, di riconoscere il costo del lavoro, trattare con i sindacalisti… Non se lo può permettere! Bernays accetta l’incarico, si mette a capo della compagnia, costituisce un consiglio d’amministrazione nel quale entrano tutti i più facoltosi uomini politici e d’affari fra Boston e New York. Cambia radicalmente l’immagine dell’azienda che comincia a devolvere fondi in beneficenza, fornisce assistenza medica agli indios, costruisce scuole e perfino qualche chiesa. Afferma una nuova moda che fa della banana un frutto indispensabile su tutte le tavole, del Centro America e quindi del resto del mondo. Ma non basta. Bernays sente che è necessario fare qualcosa di più, bisogna capovolgere il corso della storia, sovvertire il governo. E così, manipolando la stampa, il Guatemala diventa il più pericoloso dei nemici degli Stati Uniti, la porta principale attraverso la quale far entrare i nemici russi e far approdare il tanto temuto “comunismo” negli USA. Per questo si fa presto a far scendere in campo la CIA e l’intero apparato di difesa degli Stati Uniti. È la vittoria della propaganda e delle notizie false…

Continua a leggere su Mangialibri


Rispondi