Sono anni difficili, anni definiti di piombo perché sono segnati da esplosioni, scontri armati, colpi di pistola: sono anni di guerriglia sociale. Il 22 febbraio 1980 è una data che difficilmente Roma dimenticherà, perché è l’ultimo giorno di vita di Valerio Verbano, attivista giovanissimo di Autonomia Operaia.
Valerio si impegnava da mesi, nonostante i suoi 18 anni, in un’intensa attività di studio, informazione, controinformazione e propaganda: le sue giornate trascorrono con un gruppo di amici, spesso a pranzo insieme dalla mamma Carla con la quale Valerio vive, e poi di corsa a fare riunioni, a cercare notizie, volantini, informazioni sui gruppi NAR (Nuclei Armati Rivoluzionari ovvero un’organizzazione terroristica italiana d’ispirazione neofascista, attiva a Roma dal 1977) che infestano la sua città. Si prepara meticolosamente, prepara un archivio di tutti i corrotti, di tutti i coinvolti. Almeno questo è quello che trova la DIGOS dopo una perquisizione nel suo appartamento a seguito di un arresto avvenuto in una delle tante retate contro terroristi, o presunti tali, nell’aprile del 1979: la documentazione, insieme anche ad un’arma da fuoco, è sequestrata dalla polizia che la restituirà alle indagini soltanto molto tempo dopo. Per questo Valerio, nonostante la giovane età, dà fastidio a parecchie persone, è nel mirino di molti potenti che ne sentono il fiato sul collo: del resto i fogli dattiloscritti hanno lunghe liste di personaggi sui quali il ragazzo sta indagando con i suoi amici. Di vere e proprie minacce ne ha avute, ma non pensava si sarebbe arrivato a tanto: la sera del 22 febbraio 1980 rientra a casa e trova i genitori morti. Nella casa nel cuore del quartiere Montesacro ci sono anche tre strane figure con il volto coperto da passamontagna e con le quali nasce subito una violenta colluttazione: parte un colpo, fatale per Valerio. Il 25 febbraio, giorno del suo diciannovesimo compleanno, Valerio non c’è più: c’è solo una bara…
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