Sognai la neve bruciare, di Antonio Skármeta [Marotta&Cafiero, 2021]

Quando sale sul treno per Santiago, Arturito ha due chiodi fissi: diventare un grande giocatore di calcio e perdere la verginità. È giovane, poco più che adolescente, lascia una terra che non gli appartiene; lascia un nonno che vorrebbe che del nipote si raccontassero le gesta di un vero uomo, uno ‘sciupafemmine’ già navigato nel profondo mare della seduzione.

Porta con sé una borsa ed un pallone. Arturito ha sogni e speranze, ma anche tanta strada da fare e tante cose da imparare. Arriva a Santiago viaggiando con il Signor Piccolo, che gira con un gallo sotto un cappotto ed ha una fedina penale lunga come la Grande Avenida: lui sì che il mondo l’ha già vissuto. Arturo invece ha sogni, quelli da non raccontare, perché vuole imparare a vivere. Soprattutto imparare l’arte della seduzione, l’arte di parlare alle belle signorine, magari con la stessa passione e determinazione di Pablo Neruda, quel poeta che ha vinto un premio Nobel – e sono tanti soldi! – e che sapeva incantare con poche parole: “Baciami mordimi bruciami”.
Incontra Osorio ed impara che è giusto che tutti abbiano le stesse opportunità, impara che c’è il socialismo. Ma lui non se ne intende di politica, non vuole saperne molto, perché vuole vivere tranquillo, soltanto giocando a calcio e cercando di infilarsi sotto qualche gonna. Finché non arriva Susanna, non arriva l’amore. Purtroppo con l’amore arriva anche il golpe ed a quel punto le luci nel grande stadio di Santiago, dove gioca la Roja, si accendono, ma non per una partita di calcio; e le grida non sono quelle dei tifosi…

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