Il destino Rimbaud, di Loris Caruso [Oédipus 2021]

Frédéric è un capitano dell’esercito francese che ha prestato servizio in Algeria ed in Crimea. Vitalie è invece una giovane donna ombrosa, silenziosa, quasi rassegnata. Frédéric e Vitalie non sembrano avere nulla in comune, forse non ce l’hanno.

Eppure si sposano il 3 gennaio 1853: il 20 ottobre 1854 nasce il secondo genito Arthur, Arthur Rimbaud. Confinato in un piccolo paesino delle Ardenne, Charleville, e abbandonato presto dal padre che misteriosamente si ritira a Digione, Arthur frequenta il liceo locale primeggiando fra tutti i suoi compagni per l’estro linguistico: comincia a comporre, si esibisce, impara la poesia. Chiaro che il borgo delle Ardenne gli sta stretto: non riesce a esprimersi del tutto ed ha bisogno che la gente conosca la sua poesia. Parte, lascia la casa materna e cerca di entrare a Parigi, ma senza soldi e con quell’aria di bifolco delle campagne ci vuole poco a essere cacciati. Arrestato e processato: andrebbe anche bene, perché con la sua parlantina e la sua faccia tosta Arthur tiene testa al giudice di turno, ma il caro amico Izambard lo va a cavarlo dagli impicci e lo rispedisce a casa, dove lo aspetta la madre Vitalie. Pochi giorni e poi di nuovo in viaggio, verso il Belgio. Ma anche quella scappatella dura poco, perché con il suo caratteraccio riesce a farsi nemici ovunque. Però un amico ce l’ha, è Paul, Paul Verlaine, l’uomo che amerà e da cui si beccherà un colpo di pistola…

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