Quando il diritto allo studio passa per un posto letto

Parlare di diritto allo studio significa parlare anche di posti letto e alloggi per studenti: nella nostra Penisola, così disuguale, non sempre studiare è una questione di “merito”, anzi sempre più spesso è una questione di soldi.

Recenti indagini dimostrano che, in modo sempre più contraddittorio, l’esigibilità del diritto allo studio dipende dalla capienza del portafoglio. Visto il radicamento diseguale e disomogeneo delle Università sul nostro territorio nazionale, non basta infatti superare dei test di ammissione per potersi garantire un percorso universitario, ma bisogna avere una discreta capacità economica per pagare le tasse universitarie (anche 4.000 euri all’anno) e contemporaneamente, se fuori sede, un posto dove dormire e studiare (dai 3.000 ai 7.500 euri annui).

Non è un caso che negli ultimi anni, gli Atenei, anche più prestigiosi, stanno perdendo un cospicuo numero di studenti (si parla anche di 46.000 iscritti all’anno, secondo l’Osservatorio Talents Venture) che migrano verso le università telematiche, complice anche l’esperienza della didattica a distanza in periodo pandemico.
Si tratta di un fenomeno che incide comunque sia sulla qualità dell’insegnamento sia sulla qualità della vita sociale universitaria: l’idea di sopperire ad un ricatto di mercato con una soluzione presa sempre dal mercato riduce la potenzialità e la creatività.

Per questo soccorre il PNRR, che stanzia fondi appositi per rispondere a questo problema.

La missione 1.7 del PNRR “mira a triplicare i posti letto disponibili per gli studenti fuori sede, portandoli, entro il 2026, da 40.000 a 105.500, incentivando la realizzazione, da parte di soggetti privati, di nuove strutture di edilizia universitaria, grazie alla copertura degli oneri relativi ai primi tre anni di gestione delle strutture, da parte del MUR. Due risultano gli obiettivi della riforma, tra loro profondamente connessi, la riduzione del divario sociale, cercando di garantire un più ampio accesso alle strutture abitative, e la promozione del diritto allo studio.” (fonte MUR)

Si tratta di un progetto importante e necessario, dettato da una crisi economica dilagante, che però rischia di cambiare il tessuto urbano delle città, dando vita a nuovi quartieri dormitorio ancora più lontani dai servizi.


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