Il mago del Cremlino, di Giuliano Da Empoli [Mondadori 2022]

Non è stato facile arrivare ad incontrare Vadim Baranov, da quando ha lasciato il Palazzo: l’aggancio è avvenuto su Twitter, l’esca è stata una citazione dal romanzo Noi di Evgenij Zamjatin, una citazione criptica che ha incuriosito i due sconosciuti spingendoli ad incontrarsi per condividere un cimelio.

Il sospetto che si trattasse di Baranov e non di un nerd qualunque è nato quando ad aspettarlo si è trovato un’enorme auto nera ed un autista deciso e di poche parole. Baranov è rintanato in una casa museo, con boiserie, stucchi e una bellissima biblioteca che custodisce anche la lettera che Zamjatin ha inviato al compagno Stalin, quello è il cimelio da mostrare allo sconosciuto, ma l’ospite vuole condividere altro con il suo invitato. Baranov versa del whisky e lascia che lo sconosciuto capisca chi ha di fronte: non si tratta di un nobile decaduto o di un oligarca misantropo, molto di più, perché Baranov è stato consigliere del Presidente al Cremlino, ne ha costruito la carriera politica, ha gestito le dinamiche del Palazzo, da qui l’appellativo “mago del Cremlino”, e quindi, come nel gioco delle parti, al momento prestabilito si è dovuto dissolvere nel nulla. Baranov, del resto, appartiene ad una famiglia che ha spesso intrecciato la propria esistenza con il potere dello Stato: già, perché in Russia non contano i soldi, in quanto bene passeggero, ma contano la rispettabilità e soprattutto lo status sociale. Anzi, sono proprio i soldi ad aver portato la Russia sull’orlo del baratro politico. Per scongiurare il declino della Russia, Baranov, che aveva intrapreso la carriera artistica diventando impresario e produttore televisivo, lancia in politica un grigio funzionario del Kgb, Vladimir Vladimirovič Putin, perché restituisca al vecchio orso la sua autorevolezza. Vadim Baranov racconta al suo nuovo amico tutta la storia, in quel loro unico incontro, in quella notte, unica e irripetibile.

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