E noi dovremmo parlare di grembiulini?

Ecco il dibattito sulla scuola promosso dal vicepremier Salvini: mettere il grembiulino, per rendere uguali i ragazzi (che poi hanno zaini, astucci, colori, quaderni, libri, cellulari da cui il diverso livello economico traspare in maniera ancora più evidente).

Nessuna parola invece sulla diffusione drammatica della povertà educativa.

Secondo i dati Invalsi riproposti dall’Istat pochi giorni fa, più di un ragazzo su tre esce dalle scuole medie senza avere raggiunto un livello sufficiente di competenza alfabetica, non è cioè in grado di comprendere a fondo ciò che legge. E la situazione non migliora neppure per i ragazzi del secondo anno della scuola superiore.

Ancora peggio va per la competenza numerica dove la percentuale di ragazzi con insufficiente competenza supera il 40%.

E a questo dato, medio, corrispondono non solo enormi disparità regionali e di genere, ma anche drammatiche differenze per censo (fra chi si iscrive a un liceo e chi no).

Mentre ci fanno parlare di grembiulini, nel chiuso delle stanze governative parlano di autonomia differenziata: e il bottino in gioco è proprio la spesa per l’istruzione pubblica.

Nella bozza di intesa pubblicata sul sito del ministero degli Affari regionali, si legge che alle regioni che godranno di autonomia differenziata dovrà essere riconosciuta non la spesa storica, ma la spesa media pro capite. Ciò comporterebbe un trasferimento di risorse per finanziare l’istruzione, a loro favore, e a danno delle altre aree del paese, piuttosto rilevante.

Ma la spesa pro capite non è assolutamente un parametro idoneo a definire uno standard in questo settore. Per ricordare solo alcuni fra gli aspetti da considerare (illustrati più diffusamente da Gianfranco Viesti ): è incomprensibile adottare come standard un valore medio riferito alla popolazione nel suo complesso (e non alle fasce di età a cui il servizio di istruzione si rivolge). Andrebbero poi considerati altri importanti fattori che spiegano e quindi giustificano la necessità di un costo del servizio più alto in alcuni territori quali la dimensione delle classi (che è inferiore, e comporta quindi costi superiori, se si devono servire zone collinari e montuose), la diversa anzianità del personale, la spesa per insegnanti di sostegno legata alla diversa incidenza della disabilità, la presenza o meno di spese degli enti locali che integrano la spesa statale, e la rendono quindi meno necessaria, in settori importanti come il trasporto alunni e le mense.

Trasferire risorse a favore di chi ha già di più senza affrontare le profonde difficoltà del nostro sistema educativo nelle zone più povere del paese, questa è la proposta di questo governo.

E noi dovremmo parlare di grembiulini?

Articolo di Maria Cecilia Guerra, su Huffington post

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