In un’Europa alle prese con la terza ondata di Covid-19, ora a far paura sono soprattutto le varianti – britannica, sudafricana e brasiliana – ma da un Paese all’altro la pandemia ha avuto ripercussioni diverse sulle scuole. Oltre alla decisione dei rispettivi governi di lasciarle aperte o chiuderle, sono in vigore protocolli sanitari ad hoc, ma ovunque la posta in gioco è alta sia in termini sociali che pedagogici.
AUSTRIA: Dopo un periodo di lockdown totale, in Austria le scuole hanno riaperto lo scorso 8 febbraio, ma gli alunni devono sottoporsi ad un test ogni settimana. Solo quanti hanno eseguito un test sono potuti rientrare in classe mentre gli altri seguono le lezioni in didattica a distanza. I test vengono somministrati nelle scuole e le classi dei ragazzi più grandi sono divise in gruppi meno numerosi.
BELGIO: In Belgio le scuole di ogni grado e ordine sono aperte, organizzate sulla base di un protocollo sanitario che prevede l’uso della mascherina e il distanziamento di 1 metro e mezzo. Per chiudere una classe di materna ci vogliono due alunni positivi oppure l’insegnante.
Alle elementari vengono messi in isolamento i bambini seduti vicino al positivo e quando si superano i 2 contagiati in una classe, la direzione valuta la chiusura dell’intera sezione. Alla scuola secondaria invece in questo caso è la direzione a decidere se chiudere la classe o meno.
FRANCIA: Ad eccezione del lockdown tra marzo e maggio 2020 e dei periodi di ferie, in Francia le scuole sono sempre rimaste aperte, in polemica con sindacati e docenti. Tra le norme sanitarie vigenti ci sono il distanziamento, l’obbligo di mascherina a scuola dai 6 anni in su e per tutti i docenti e personale scolastico, sin dal nido, l’igienizzazione delle mani e il rispetto dei cosiddetti ‘gesti
barriera’.
Dal 12 febbraio basta un solo caso di Covid-19 o un contatto con la variante sudafricana o brasiliana per chiudere un’intera classe, mentre per gli altri ceppi viene chiusa dopo tre casi. Test salivari vengono eseguiti nelle scuole. Secondo l’ultimo bilancio diffuso dal ministero della Pubblica istruzione, 1.599 sezioni sono attualmente chiuse – erano 934 la scorsa settimana – per un totale di 103 scuole già costrette a chiudere le porte.
GERMANIA: In Germania le scuole sono chiuse dalla settimana precedente il Natale, quindi da due mesi. Per la cancelliera Angela Merkel, l’istruzione è “una priorità” e personalmente stava pensando di far riaprire le scuole dal 1 marzo, salvo poi affidare la responsabilità ad ogni Land. Così oggi la Sassonia è diventata il primo Stato tedesco a riaprire nidi, materne ed elementari. Secondo un recente sondaggio per quanto riguarda la riapertura di scuole e asili, il 40% dei tedeschi è
d’accordo con il fatto che siano i singoli Land a decidere in merito, contro il 58% che avrebbe preferito un regolamento su base nazionale. Al momento il governo tedesco ha prorogato il lockdown fino al 7 marzo.
GRAN BRETAGNA: Per frenare i contagi di Covid-19, in accelerazione a causa della variante, nel Regno Unito le scuole sono chiuse dal 5 gennaio, inizialmente per un periodo di un mese e mezzo. La scadenza è però stata slittata dal governo: al momento non c’è alcuna certezza sulla data di riapertura delle scuole, anche se il premier Boris Johnson ha detto che avrebbe fatto tutto il possibile per consentirla dall’8 marzo. Una linea prudente e graduale per non dovere poi tornare indietro e richiudere nuovamente.
OLANDA: Nei Paesi Bassi asili nido, materne e scuole elementari hanno riaperto le porte l’8 febbraio. Gli insegnanti possono eseguire direttamente in classe test a risposta immediata. Se un solo alunno viene testato positivo, tutti i compagni della stessa classe vengono messi in quarantena per cinque giorni. Il ministero dell’Istruzione ha sottolineato che le varianti del Covid circolano poco tra i bambini.
Precedentemente le scuole erano state chiuse a partire dal 17 dicembre.
POLONIA: Dopo la chiusura per il periodo natalizio, dal 18 gennaio le scuole materne e i primi tre gradi delle elementari hanno riaperto.
Insegnanti, personale scolastico e alunni vengono sottoposti a una vasta campagna di test che sta tutt’ora proseguendo. Tutti gli altri studenti rimangono a casa, in didattica a distanza.
PORTOGALLO: Lo scorso 21 gennaio il governo portoghese ha decretato la chiusura di tutte le scuole per almeno 15 giorni, proprio per frenare i contagi alle stelle, motivo per cui il lockdown è stato prorogato oltre la data del 5 febbraio. Al momento le scuole rimangono chiuse e le ultime relazioni scientifiche suggeriscono di lasciare alunni e studenti in didattica a distanza fino a Pasqua.
SPAGNA: In Spagna tenere le scuole aperte è la linea seguita dal governo Sanchez che insiste sull’importanza sociale della didattica in presenza. Obbligo di mascherina, distanziamento, isolamento dell’intera classe con un solo studente positivo e test Pcr a tutti i compagni sono le norme vigenti nelle scuole spagnole. Anche se le regioni hanno margini di intervento in ambito scolastico, la linea è ovunque la stessa. Nei giorni scorsi la ministra Isabel Celaa ha diffuso i risultati di uno studio realizzato in Catalogna – seconda comunità scolastica più grande del Paese, con oltre 1,8 milioni di studenti – in base al quale “le scuole sono resistenti al virus”. Il ministero della Salute ha riferito che nell’80% dei casi un alunno positivo non contagia nessuno e quando succede, in media non contagia più di 1,8 persona. Il mese scorso solo l’1,4% delle scuole è rimasto chiuso per il Covid.
SVEZIA: In Svezia sono aperte le sole scuole materne ed elementari, ma in caso di impennata dei contagi le autorità competenti potranno decretarne la chiusura immediata. Invece dalle medie in su gli studenti seguono la didattica a distanza, prevista al momento almeno fino al 1 aprile.
SVIZZERA: Le scuole sono aperte, con obbligo di mascherina dai 12 anni in su. Il governo ha ceduto la responsabilità della gestione del settore scolastico ai singoli cantoni. Alcuni cantoni – Valais, Zoug, Bale-Campagne – hanno deciso di eseguire test preventivi a tappetto nelle scuole, ma i cantoni più grandi sono scettici. Dibattiti sono in corso per decretare l’obbligatorietà della mascherina sin dalla scuola elementare e per diminuire il numero di alunni in presenza al liceo, con turni e didattica a distanza.
A cura di Pino Salerno