A Carl Solomon
Ho visto le migliori menti della mia generazione distrutte dalla
follia, affamate isteriche nude,
trascinarsi nei quartieri negri all’alba
in cerca di un sollievo astioso,
alternativi dalle teste d’angelo in fiamme per l’antica celeste
connessione con la dinamo stellata nel meccanismo
della notte,
che in poverta’ e stracci e occhi vuoti e fatti sedevano
fumando nell’oscurita’ soprannaturale di
appartamenti con acqua fredda galleggianti tra le cime delle citta’
contemplando il jazz,
che esponevano i cervelli al Cielo sotto l’El[1] e
vedevano angeli maomettani barcollare illuminati su tetti
condominiali,
che attraversavano universita’ con freddi occhi splendenti
allucinando l’Arkansas e la tragedia della Blake-light[2]
fra gli studiosi della guerra,
che venivano espulsi dalle accademie per estremismo &
pubblicazione di odi oscene sulle finestre del
cranio,
che si annidavano in stanze non sbarbate in mutande, bruciando
i loro soldi in cestini dei rifiuti e ascoltando
il Terrore attraverso il muro,
che venivano perquisiti nelle barbe pubiche tornando via
Laredo con una cintura di marijuana per New York,
che mangiavano fuoco in alberghi riverniciati o bevevano trementina a
Parco Paradiso, morte, o purgatoriavano i propri
busti notte dopo notte
con sogni, con droghe, con incubi a occhi aperti,
alcol e cazzo e palle infinite,
incomparabili vicoli ciechi di nuvola vibrante e
fulmine nella mente scagliata verso i poli di
Canada & Paterson, che illumina tutto l’im-
moto mondo del Tempo in mezzo,
solidita’ di Peyote di saloni, albe di cimitero dell’albero verde del
cortile, ubriachezza di vino sui tetti,
borghi commerciali di giretto da fumati semaforo lampeggiante
al neon, vibrazioni di sole e luna
e albero nelle ruggenti foschie invernali di Brooklin,
proclami Ashcan e luce mentale di re gentile,
che si incatenavano a metropolitane per l’interminabile
corsa da Battery al benedetto Bronx sotto benzedrina
finche’ il rumore di ruote e bambini li faceva scendere
tremanti con la bocca convulsa e abbattuti il cervello inaridito
tutti drenati di splendore nella sconfortante luce di Zoo,
che si immergevano tutta la notte in luce sottomarina di Blickford’s
emergevano e sedevano a smaltire la birra svaporata dopo
mezzogiorno in un desolato Fugazzi’s, ascoltando il frastuono
d’inferno dal jukebox a idrogeno,
che parlavano senza interruzione settanta ore da parco a
casa a bar a Bellevue a museo al Ponte
di Brooklin,
battaglione disperso di conversazionalisti platonici che saltavano
fuori da scalinate da uscite di sicurezza da davanzali
dall’Empire State dalla luna,
chiacchiericciando strillando vomitando sussurrando fatti
e ricordi e aneddoti e pugni nell’occhio
e traumi di ospedali e carceri e guerre,
interi intelletti degurgitati in flusso di coscienza per sette giorni
e notti con occhi brillanti, carne per la
Sinagoga gettata sul pavimento,
che svanivano nel nulla Zen New Jersey lasciando una
pista di ambigue cartoline illustrate dell’Atlantic
City Hall,
soffrendo calure orientali e artriti Tangerine
e emicranie della Cina durante astinenze da roba
in una camera squallidamente arredata di Newark,
che giravano e giravano a mezzanotte nello
spiazzo della ferrovia domandandosi dove andare, e andavano,
senza spezzare nessun cuore,
che accendevano sigarette a camionate camionate camionate arrancando
nella neve verso fattorie solitarie nella notte
del nonno,
che studiavano Plotino Poe San Giovanni della Croce telepatia
e bebop cabbala perché il cosmo vibrò
istintivamente ai loro piedi in Kansas,
che si aggiravano solitari per le strade dell’Idaho cercando
angeli indiani visionari che fossero angeli indiani
visionari,
che pensavano di essere solo pazzi quando Baltimora
risplendette in estasi soprannaturale,
che saltavano in limousine con il Cinese dell’Oklahoma
ispirati dalla pioggia invernale di semaforo di paesino
a mezzanotte,
che si aggiravano affamati e soli per Houston
cercando jazz o sesso o zuppa, e seguirono lo
spagnolo brillante per conversare sull’America
e l’Eternità, un’impresa disperata, e così si
imbarcarono per l’Africa,
che sparivano nei vulcani del Messico lasciando
dietro di sé nient’altro che l’ombra dei jeans
e la lampada lava e cenere di poesia sparpagliata nel
camino Chicago,
che riapparivano nel West investigando
sull’FBI in barbe e pantaloncini e grandi occhi
pacifisti sexy con la loro pelle abbronzata mentre
distribuivano incomprensibili volantini,
che si procuravano bruciature di sigarette sulle braccia per protesta
contro foschia narcotica di tabacco del Capitalismo,
che distribuivano pamphlet Supercomunisti a Union
Square piangendo e spogliandosi mentre le sirene
di Los Alamos li lamentavano via, e lamentavano
via Wall, e il traghetto di Staten Island pure
si lamentava,
che scoppiavano in lacrime nella palestra bianca nudi e
tremanti di fronte al meccanismo di altri
scheletri,
che mordevano ispettori sul collo e strillavano con gioia
in macchine della polizia per non aver commesso alcun crimine salvo
la propria pederastia in selvaggia ebollizione e intossicazione,
che ululavano in ginocchio nella metropolitana e venivano
trascinati via dal tetto agitando genitali e
manoscritti,
che si lasciavano fottere in culo da motociclisti
santi, e urlavano di gioia,
che pompavano e venivano pompati da quei serafini umani,
i marinai, carezze dell’Atlantico e amore
Caraibico,
che scopavano la mattina la sera in giardini
di rose ed erba di parchi pubblici e
cimiteri spargendo il loro seme liberamente per
chiunque volesse venire,
che singhiozzarono all’infinito provando a ridacchiare ma se la cavarono
con un gemito dietro un separe’ di un bagno turco
quando il biondo & nudo angelo venne a infilzarli
con la spada,
che perdevano i ragazzi per le tre vecchie maledizioni del destino
la maledizione con un occhio solo del dollaro eterosessuale
la maledizione con un occhio solo che ammicca dall’utero
e la maledizione con un occhio solo che non fa nient’altro che
star seduta tutto il giorno a tagliare i fili d’oro
intellettuali del telaio dell’artigiano,
che copulavano estatici e insaziabili con una bottiglia di
birra un fidanzatino un pacchetto di sigarette una
candela e cadevano giu’ dal letto, e continuavano sul
pavimento e nel soggiorno e finivano collassati
sul muro con una visione di troiaggine perfetta e orgasmo
che eludeva l’ultimo sprazzo di coscienza,
che addolcivano le fiche di un milione di ragazze tremanti
al tramonto, e avevano gli occhi rossi la mattina
ma erano preparati ad addolcire la fica del sole
nascente, chiappe balenanti nei fienili e nude
al lago,
che andavano a puttane per il Colorado in una miriade
di auto civette rubate, N.C., eroe segreto di questi
versi, amatore e Adone di gioia-di-Denver
alla memoria delle sue innumerevoli trombate di ragazze
in parcheggi vuoti e retri di tavole calde, sedili traballanti
di cinema, su cime di montagne in grotte o con
cameriere ossute in sollevamenti di sottane solitarie
ai bordi di strade familiari & specialmente solipsismi segreti
di gabinetti di stazioni di servizio & pure parchi di paese natio,
che sfumavano via in vasti film sordidi, erano sostituiti
nei sogni, si svegliavano a un inatteso manhattan, e
si tiravano fuori da sottoscala intossicati
di tocai senza cuore e orrori di sogni di ferro
da Terza Strada & vagavano verso uffici di
disoccupazione,
che camminavano tutta la notte con le scarpe piene di sangue sulle
banchine di neve aspettando che una porta dell’East
River si aprisse su una stanza piena di vapore
e oppio,
che creavano grandi drammi suicidi sui cornicioni
d’appartamento dell’Hudson sotto il riflettore blu
da coprifuoco della luna & le loro teste saranno
incoronate con l’alloro nell’oblio,
che mangiavano lo stufato d’agnello dell’immaginazione o digerivano
il granchio sul fondo fangoso dei fiumi di
Bowery,
che piangevano per la dolcezza delle strade spingendo carrelli
pieni di cipolle e cattiva musica,
che sedevano in scatole respirando nell’oscurita’ sotto il
ponte, e si alzavano per costruire clavicembali nelle
loro stanze,
che tossivano al sesto piano di Harlem coronata di fiamme
sotto il cielo tubercoloso circondati
da casse arancioni di teologia,
che scribacchiavano tutta la notte completamente esaltati per sublimi
incantesimi che nel giallo mattino erano
strofe di spazzatura,
che cucinavano animali fradici polmoni cuore zampe coda borsht
& tortillas sognando il puro regno
vegetale,
che si infilavano sotto camion della carne in cerca di
un uovo,
che lanciavano gli orologi giu’ dal tetto per esprimere il proprio voto
per un Eternita’ al di fuori del Tempo, & delle sveglie
gli caddero sulla testa ogni giorno per il decennio successivo,
che si tagliarono i polsi per tre volte in successione senza
successo, ci rinunciarono e furono costretti ad aprire negozi
di antichita’ dove credettero di stare
invecchiando e piangevano,
che furono bruciati vivi nei loro innocenti completi di flanella
su Madison Avenue fra esplosioni di versi plumbei
& il clangore corazzato dei reggimenti
della moda & gli squittii alla nitroglicerina delle
fatine della pubblicità & il gas tossico di sinistri
editori intelligenti, o furono investiti dai
tassisti ubriachi della Realtà Assoluta,
che saltarono giù dal Ponte di Brooklyn questo è successo
veramente e se ne andarono via ignoti e dimenticati
nel labirinto spettrale della zuppa di vicoli di
Chinatown & camion dei pompieri, nemmeno una birra gratis,
che cantavano dalle finestre disperati, cadevano dal
finestrino della metropolitana, saltavano sul lurido Passaic,
scavalcavano negri, gridavano per tutta la strada,
danzavano su bicchieri di vino rotti a piedi scalzi frantumavano
dischi fonografici di jazz tedesco dei nostalgici
anni ’30 europei finivano il whisky e
vomitavano rumorosamente nella maledetta tazza del cesso, gemiti
nelle orecchie e l’esplosione di colossali fischi di
vapore,
che sfrecciavano sulle autostrade del passato viaggiando
verso la fuoriserie-Golgota dell’altro veglia in solitudine di
prigione o incarnazione jazz di Birmingham,
che guidavano per i campi settantadue ore per scoprire
se io ho avuto una visione o tu hai avuto una visione o lui ha
avuto una visione per scoprire l’Eternita’,
che visitarono Denver, che morirono a Denver, che
tornarono da Denver & aspettarono invano, che
si occuparono di Denver & incubarono & furono soli a
Denver e infine se ne andarono per scoprire il
Tempo, & ora a Denver mancano molto i suoi eroi,
che caddero in ginocchio in cattedrali irrecuperabili pregando
per la salvezza dell’altro e luce e tette,
finche’ l’anima si illuminava il pelo per un secondo,
che si spaccavano la testa in prigione aspettando
criminali impossibili con teste d’oro e il
fascino della realta’ nei cuori che cantassero
dolci blues di Alcatraz,
che si ritirarono in Messico per coltivare un vizio, o sulle Montagne
Rocciose per intenerire Budda o a Tangeri per i ragazzi
o nel Sud del Pacifico per la locomotiva nera o
a Harvard per Narciso a Woodlawn alla
collana di margherite o alla tomba,
che esigevano test sanitari accusando la radio di
ipnotismo & restavano con la loro demenza & le loro
mani & la corte divisa,
che lanciavano insalata di patate ai relatori del CCNY sul Dadaismo
e succesivamente si presentavano sui
gradini di granito del manicomio con teste rasate
e discorsi carnevaleschi di suicidio, richiedendo
lobotomia immediata,
e che ricevevano invece il vuoto solido dell’insulina
Metrazolo elettricita’ idroterapia psico-
terapia terapia occupazionale pingpong &
amnesia,
che per seria protesta capovolsero simbolicamente un unico
tavolo da pingpong, riposando brevemente in catatonia,
ritornando anni dopo veramente calvi a parte una parrucca di
sangue, e lacrime e dita, al destino visibile di pazzo delle guardie
delle citta’ manicomio dell’Est,
le fetide sale del Pilgrim State, di Rockland e di Greystone,
bisticciandosi con gli echi dell’anima,
scatenandosi nella solitudine-panca-dolmen-impero
dell’amore a mezzanotte, sogno di vita un incubo,
corpi mutati in pietra pesanti come la
luna,
con mamma finalmente *******, e l’ultimo fantastico libro
lanciato fuori dalla finestra del locale, e l’ultima
porta chiusa alle 4 AM e l’ultimo telefono
sbattuto contro il muro per risposta e l’ultima stanza
arredata svuotata fino all’ultimo
mobile mentale, una rosa gialla di carta arrotolata
su una gruccia di fil di ferro nell’armadio, e persino
quella immaginaria, niente altro che uno speranzoso pezzettino
di allucinazione
ah, Carl, finche’ non sei al sicuro neanch’io sono al sicuro, e
ora sei proprio nel completo brodo animale del
tempo
e chi dunque corse per le strade ghiacciate ossessionato
da un improvviso balenio dell’alchimia dell’uso
dell’ellissi il catalogo il metro & il piano
vibrante,
che sogno’ e realizzo’ brecce umanizzate in Tempo & Spazio
grazie a immagini giustapposte, e intrappolo’
l’arcangelo dell’anima tra due immagini visive
e unifico’ i verbi elementari e concilio’ il nome
e l’insorgere della coscienza saltando
con la sensazione di Pater Omnipotens Aeterna
Deus
per ricreare la sintassi e la misura della povera prosa
umana e apparire davanti a te muto e intelligente e
tremante di vergogna, respinto eppure
confessandosi l’anima per conformarla ai ritmi
del pensiero nella sua nuda testa infinita,
il barbone matto e battito d’angelo nel Tempo, sconosciuto,
eppure mettendo giu’ qui quanto potrebbe rimanere da dire
nel tempo dopo la morte,
e sorse reincarnato nei panni spettrali del jazz nell’ombra
di corno dorato della banda e soffio’ le
sofferenze d’amore della nuda mente dell’America in
un eli eli lamma lamma sabachtani grido di sassofono che
fece rabbrividire le citta’ fino all’ultima radio
con il cuore assoluto del poema della vita macellato
dai loro stessi corpi buono da mangiare per mille
anni.
II
Quale sfinge di cemento e alluminio gli ha spaccato il cranio e ha mangiato
i loro cervelli e la loro immaginazione?
Moloch! Solitudine! Sporco! Bruttezza! Ashcan e dollari irraggiungibili!
Bambini urlanti sotto trombe delle scale! Ragazzi che gemono negli eserciti!
Vecchi che piangono nei parchi!
Moloch! Moloch! Incubo di Moloch! Moloch il senza amore! Moloch
Mentale! Moloch il grande giudicatore di uomini!
Moloch il carcere incomprensibile! Moloch prigione senz’anima ossa in croce
e Congresso di dolori! Moloch i cui edifici sono sentenze!
Moloch la vasta pietra della guerra! Moloch i governi
stupefatti!
Moloch la cui mente e’ puro meccanismo! Moloch il cui sangue è denaro
che corre! Moloch le cui dita sono dieci eserciti! Moloch il cui petto
e’ una dinamo cannibale! Moloch il cui orecchio e’ una tomba fumante!
Moloch i cui occhi sono mille finestre schermate! Moloch i cui grattacieli
si ergono nelle lunghe strade come innumerevoli Geova! Moloch le cui
fabbriche sognano e stridono nella nebbia! Moloch i cui fumaioli e
antenne coronano le città!
Moloch il cui amore è infinito olio e pietra! Moloch la cui anima e’ elettricita’
e banche! Moloch la cui povertà è lo spettro del genio! Moloch
il cui destino è una nuvola di idrogeno asessuato! Moloch il cui nome e’ la
Mente!
Moloch nel quale siedo solitario! Moloch nel quale sogno Angeli! Pazzia nel
Moloch! Bocchinaro nel Moloch! Senzamore e senzauomo nel Moloch!
Moloch che e’ penetrato presto nella mia anima! Moloch nel quale sono coscienza
senza corpo! Moloch che mi ha terrorizzato via dalla mia estasi
naturale! Moloch che io abbandono! Svegliati Moloch! Luce che urla dal
cielo!
Moloch! Moloch! Appartamenti robot! sobborghi invisibili! tesori di sheletri!
capitali cieche! manifatture diaboliche! nazioni spettrali! manicomi
invincibili! cazzi di granito! bombe mostruose!
Si sono rotti la schiena per sollevare Moloch al Cielo! Pavimenti, alberi, radio,
tonnellate! sollevando la citta’ al Cielo che esiste ed e’ dappertutto attorno
a noi!
Visioni! presagi! allucinazioni! miracoli! estasi! portati via dal fiume
americano!
Sogni! adorazioni! illuminazioni! religioni! l’intero bastimento di stronzate
emotive!
Cambiamenti radicali! al fiume! capriole e crocifissioni! via con la corrente!
Esaltazioni! Epifanie! Disperazioni! Suicidi e grida di animali di dieci
anni! Menti! Nuovi amori! Generazione ribelle! giu’ sugli scogli del
Tempo!
La benedetta risata autentica nel fiume! L’hanno vista tutti! gli occhi selvatici! le benedette grida!
Hanno dato l’addio! Sono saltati dal tetto! nella solitudine! facendo ciao!
portando fiori! Giu’ nel fiume! nella strada!
III
Carl Solomon! Sono con te a Rockland
dove sei più pazzo di me
Sono con te a Rockland
dove dovrai sentirti ben strano
Sono con te a Rockland
dove imiti l’ombra di mia madre
Sono con te a Rockland
dove hai assassinato le tue dodici segretarie
Sono con te a Rockland
dove ridi per questo umorismo invisibile
Sono con te a Rockland
dove siamo grandi scrittori sulla stessa orribile macchina da scrivere
Sono con te a Rockland
dove la tua condizione è diventata seria e lo riporta la radio
Sono con te a Rockland
dove le facoltà del cranio non tollerano più i vermi dei
sensi
Sono con te a Rockland
dove bevi il te’ dal seno delle zitelle di Utica
Sono con te a Rockland
dove fai battute sul fisico delle tue infermiere le arpie del Bronx
Sono con te a Rockland
dove gridi in camicia di forza che stai perdendo la partita
dell’autentico pingpong degli abissi
Sono con te a Rockland
dove pesti sul pianoforte catatonico l’anima e’ innocente e
immortale non dovrebbe morire mai empiamente in un manicomio armato
Sono con te a Rockland
dove cinquanta altri shock non restituiranno mai piu’ la tua anima al corpo
dal suo pellegrinaggio verso una croce nel nulla
Sono con te a Rockland
dove accusi i dottori di demenza e trami la rivoluzione
ebrea socialista contro il Golgota nazionale fascista
Sono con te a Rockland
dove separerai i cieli di Long Island e farai risorgere il tuo
vivente Gesù umano dalla tomba sovrumana
Sono con te a Rockland
dove ci sono venticinquemila compagni rabbiosi che cantano tutti assieme
le strofe finali dell’Internazionale
Sono con te a Rockland
dove abbracciamo e baciamo gli Stati Uniti sotto le lenzuola gli
Stati Uniti che tossisce tutta la notte e non ci lascia dormire
Sono con te a Rockland
dove ci svegliamo elettrificati dal coma per gli aeroplani delle
nostre anime che rombano sul tetto sono venuti a sganciare bombe angeliche
l’ospedale si illumina mura immaginarie franano O smunte legioni
correte fuori O scossa di grazia a stelle e strisce la guerra
eterna è giunta O vittoria lascia perdere le mutande siamo liberi
Sono con te a Rockland
nei miei sogni cammini gocciolando da un viaggio di mare sull’autostrada
attraverso l’America in lacrime verso la porta della mia villetta nella notte
dell’Occidente
Allen Ginsberg lesse per la prima volta “Howl” a San Francisco, quindi Ferlinghetti fece pubblicare l’opera dalla sua casa editrice City Lights.
La pubblicazione creò non pochi problemi al suo coraggioso editore: il libro venne messo al bando per oscenità e Ferlinghetti venne arrestato con l’accusa di vendita e diffusione di materiale osceno. Il 1956 fu l’anno del processo a “Howl” che si concluse, grazie al sostegno legale determinante dell’ACLU, con una storica vittoria di Ferlinghetti: il giudice riconobbe al poema una “importanza sociale riedificante” che ne riscattava ogni presunta oscenità; fu una pietra miliare nella lotta per la libertà di stampa, che fornì un precedente legale per la pubblicazione di tutta una serie di titoli ancora sotto censura nell’America maccartista.
“Howl” è un componimento, che risente dell’influenza di Whitman ed è scritto con un verso ritmato che ha la cadenza della lingua parlata, in cui il poeta rivive le sue crude esperienze, dal ricovero in un ospedale psichiatrico, all’uso delle droghe e all’omosessualità.
Il poema è suddiviso in tre parti più una nota addizionale.
La Parte I è la più conosciuta, e descrive scene, personaggi e situazioni tratte dall’esperienza dell’autore e di quelle della comunità di poeti, artisti, politici radicali, musicisti jazz, drogati e pazienti psichiatrici che egli aveva incontrato.
La Parte II è un lamento nei confronti dello stato americano, richamata come ‘Moloch’ nel poema. Ginsberg fu ispirato a scrivere la Parte II quando vide un hotel in forma di mostro che chiamò Moloch durante una visione provocata dal peyote e gran parte della sezione stessa fu scritta sotto l’influenza di questo allucinogeno.
La Parte III è direttamente indirizzata a Carl Solomon (a cui l’intero poema è dedicato), che Ginsberg incontrò mentre stava visitando sua madre in un ospedale psichiatrico a Rockland, nello stato di New York, e descrive le esperienze, le speranze e le paure condivise dai due.
La nota finale è caratterizzata dal ripetitivo mantra ‘Holy!’ (‘Santo!’) e il suo punto di vista ottimistico.
La diffusione della poesia di Ginsberg in Italia deve molto all’opera di divulgazione e traduzione svolta da Fernanda Pivano.
I
I saw the best minds of my generation destroyed by madness, starving hysterical naked,
dragging themselves through the negro streets at dawn looking for an angry fix,
angelheaded hipsters burning for the ancient heavenly connection to the starry dynamo in the machinery of night,
who poverty and tatters and hollow-eyed and high sat up smoking in the supernatural darkness of cold-water flats floating across the tops of cities contemplating jazz,
who bared their brains to Heaven under the El and saw Mohammedan angels staggering on tenement roofs illuminated,
who passed through universities with radiant cool eyes hallucinating Arkansas and Blake-light tragedy among the scholars of war,
who were expelled from the academies for crazy & publishing obscene odes on the windows of the skull,
who cowered in unshaven rooms in underwear, burning their money in wastebaskets and listening to the Terror through the wall,
who got busted in their pubic beards returning through Laredo with a belt of marijuana for New York,
who ate fire in paint hotels or drank turpentine in Paradise Alley, death, or purgatoried their torsos night after night
with dreams, with drugs, with waking nightmares, alcohol and cock and endless balls,
incomparable blind streets of shuddering cloud and lightning in the mind leaping toward poles of Canada & Paterson, illuminating all the motionless world of Time between,
Peyote solidities of halls, backyard green tree cemetery dawns, wine drunkenness over the rooftops, storefront boroughs of teahead joyride neon blinking traffic light, sun and moon and tree vibrations in the roaring winter dusks of Brooklyn, ashcan rantings and kind king light of mind,
who chained themselves to subways for the endless ride from Battery to holy Bronx on benzedrine until the noise of wheels and children brought them down shuddering mouth-wracked and battered bleak of brain all drained of brilliance in the drear light of Zoo,
who sank all night in submarine light of Bickford’s floated out and sat through the stale beer afternoon in desolate Fugazzi’s, listening to the crack of doom on the hydrogen jukebox,
who talked continuously seventy hours from park to pad to bar to Bellevue to museum to the Brooklyn Bridge,
a lost battalion of platonic conversationalists jumping down the stoops off fire escapes off windowsills off Empire State out of the moon,
yacketayakking screaming vomiting whispering facts and memories and anecdotes and eyeball kicks and shocks of hospitals and jails and wars,
whole intellects disgorged in total recall for seven days and nights with brilliant eyes, meat for the Synagogue cast on the pavement,
who vanished into nowhere Zen New Jersey leaving a trail of ambiguous picture postcards of Atlantic City Hall,
suffering Eastern sweats and Tangerian bone-grindings and migraines of China under junk-withdrawal in Newark’s bleak furnished room,
who wandered around and around at midnight in the railroad yard wondering where to go, and went, leaving no broken hearts,
who lit cigarettes in boxcars boxcars boxcars racketing through snow toward lonesome farms in grandfather night,
who studied Plotinus Poe St. John of the Cross telepathy and bop kabbalah because the cosmos instinctively vibrated at their feet in Kansas,
who loned it through the streets of Idaho seeking visionary indian angels who were visionary indian angels,
who thought they were only mad when Baltimore gleamed in supernatural ecstasy,
who jumped in limousines with the Chinaman of Oklahoma on the impulse of winter midnight streetlight smalltown rain,
who lounged hungry and lonesome through Houston seeking jazz or sex or soup, and followed the brilliant Spaniard to converse about America and Eternity, a hopeless task, and so took ship to Africa,
who disappeared into the volcanoes of Mexico leaving behind nothing but the shadow of dungarees and the lava and ash of poetry scattered in fireplace Chicago,
who reappeared on the West Coast investigating the FBI in beards and shorts with big pacifist eyes sexy in their dark skin passing out incomprehensible leaflets,
who burned cigarette holes in their arms protesting the narcotic tobacco haze of Capitalism,
who distributed Supercommunist pamphlets in Union Square weeping and undressing while the sirens of Los Alamos wailed them down, and wailed down Wall, and the Staten Island ferry also wailed,
who broke down crying in white gymnasiums naked and trembling before the machinery of other skeletons,
who bit detectives in the neck and shrieked with delight in policecars for committing no crime but their own wild cooking pederasty and intoxication,
who howled on their knees in the subway and were dragged off the roof waving genitals and manuscripts,
who let themselves be fucked in the ass by saintly motorcyclists, and screamed with joy,
who blew and were blown by those human seraphim, the sailors, caresses of Atlantic and Caribbean love,
who balled in the morning in the evenings in rosegardens and the grass of public parks and cemeteries scattering their semen freely to whomever come who may,
who hiccuped endlessly trying to giggle but wound up with a sob behind a partition in a Turkish Bath when the blond & naked angel came to pierce them with a sword,
who lost their loveboys to the three old shrews of fate the one eyed shrew of the heterosexual dollar the one eyed shrew that winks out of the womb and the one eyed shrew that does nothing but sit on her ass and snip the intellectual golden threads of the craftsman’s loom,
who copulated ecstatic and insatiate with a bottle of beer a sweetheart a package of cigarettes a candle and fell off the bed, and continued along the floor and down the hall and ended fainting on the wall with a vision of ultimate cunt and come eluding the last gyzym of consciousness,
who sweetened the snatches of a million girls trembling in the sunset, and were red eyed in the morning but prepared to sweeten the snatch of the sunrise, flashing buttocks under barns and naked in the lake,
who went out whoring through Colorado in myriad stolen night-cars, N.C., secret hero of these poems, cocksman and Adonis of Denver—joy to the memory of his innumerable lays of girls in empty lots & diner backyards, moviehouses’ rickety rows, on mountaintops in caves or with gaunt waitresses in familiar roadside lonely petticoat upliftings & especially secret gas-station solipsisms of johns, & hometown alleys too,
who faded out in vast sordid movies, were shifted in dreams, woke on a sudden Manhattan, and picked themselves up out of basements hung-over with heartless Tokay and horrors of Third Avenue iron dreams & stumbled to unemployment offices,
who walked all night with their shoes full of blood on the snowbank docks waiting for a door in the East River to open to a room full of steam-heat and opium,
who created great suicidal dramas on the apartment cliff-banks of the Hudson under the wartime blue floodlight of the moon & their heads shall be crowned with laurel in oblivion,
who ate the lamb stew of the imagination or digested the crab at the muddy bottom of the rivers of Bowery,
who wept at the romance of the streets with their pushcarts full of onions and bad music,
who sat in boxes breathing in the darkness under the bridge, and rose up to build harpsichords in their lofts,
who coughed on the sixth floor of Harlem crowned with flame under the tubercular sky surrounded by orange crates of theology,
who scribbled all night rocking and rolling over lofty incantations which in the yellow morning were stanzas of gibberish,
who cooked rotten animals lung heart feet tail borsht & tortillas dreaming of the pure vegetable kingdom,
who plunged themselves under meat trucks looking for an egg,
who threw their watches off the roof to cast their ballot for Eternity outside of Time, & alarm clocks fell on their heads every day for the next decade,
who cut their wrists three times successively unsuccessfully, gave up and were forced to open antique stores where they thought they were growing old and cried,
who were burned alive in their innocent flannel suits on Madison Avenue amid blasts of leaden verse & the tanked-up clatter of the iron regiments of fashion & the nitroglycerine shrieks of the fairies of advertising & the mustard gas of sinister intelligent editors, or were run down by the drunken taxicabs of Absolute Reality,
who jumped off the Brooklyn Bridge this actually happened and walked away unknown and forgotten into the ghostly daze of Chinatown soup alleyways & firetrucks, not even one free beer,
who sang out of their windows in despair, fell out of the subway window, jumped in the filthy Passaic, leaped on negroes, cried all over the street, danced on broken wineglasses barefoot smashed phonograph records of nostalgic European 1930s German jazz finished the whiskey and threw up groaning into the bloody toilet, moans in their ears and the blast of colossal steamwhistles,
who barreled down the highways of the past journeying to each other’s hotrod-Golgotha jail-solitude watch or Birmingham jazz incarnation,
who drove crosscountry seventytwo hours to find out if I had a vision or you had a vision or he had a vision to find out Eternity,
who journeyed to Denver, who died in Denver, who came back to Denver & waited in vain, who watched over Denver & brooded & loned in Denver and finally went away to find out the Time, & now Denver is lonesome for her heroes,
who fell on their knees in hopeless cathedrals praying for each other’s salvation and light and breasts, until the soul illuminated its hair for a second,
who crashed through their minds in jail waiting for impossible criminals with golden heads and the charm of reality in their hearts who sang sweet blues to Alcatraz,
who retired to Mexico to cultivate a habit, or Rocky Mount to tender Buddha or Tangiers to boys or Southern Pacific to the black locomotive or Harvard to Narcissus to Woodlawn to the daisychain or grave,
who demanded sanity trials accusing the radio of hypnotism & were left with their insanity & their hands & a hung jury,
who threw potato salad at CCNY lecturers on Dadaism and subsequently presented themselves on the granite steps of the madhouse with shaven heads and harlequin speech of suicide, demanding instantaneous lobotomy,
and who were given instead the concrete void of insulin Metrazol electricity hydrotherapy psychotherapy occupational therapy pingpong & amnesia,
who in humorless protest overturned only one symbolic pingpong table, resting briefly in catatonia,
returning years later truly bald except for a wig of blood, and tears and fingers, to the visible madman doom of the wards of the madtowns of the East,
Pilgrim State’s Rockland’s and Greystone’s foetid halls, bickering with the echoes of the soul, rocking and rolling in the midnight solitude-bench dolmen-realms of love, dream of life a nightmare, bodies turned to stone as heavy as the moon,
with mother finally ******, and the last fantastic book flung out of the tenement window, and the last door closed at 4 A.M. and the last telephone slammed at the wall in reply and the last furnished room emptied down to the last piece of mental furniture, a yellow paper rose twisted on a wire hanger in the closet, and even that imaginary, nothing but a hopeful little bit of hallucination—
ah, Carl, while you are not safe I am not safe, and now you’re really in the total animal soup of time—
and who therefore ran through the icy streets obsessed with a sudden flash of the alchemy of the use of the ellipsis catalogue a variable measure and the vibrating plane,
who dreamt and made incarnate gaps in Time & Space through images juxtaposed, and trapped the archangel of the soul between 2 visual images and joined the elemental verbs and set the noun and dash of consciousness together jumping with sensation of Pater Omnipotens Aeterna Deus
to recreate the syntax and measure of poor human prose and stand before you speechless and intelligent and shaking with shame, rejected yet confessing out the soul to conform to the rhythm of thought in his naked and endless head,
the madman bum and angel beat in Time, unknown, yet putting down here what might be left to say in time come after death,
and rose reincarnate in the ghostly clothes of jazz in the goldhorn shadow of the band and blew the suffering of America’s naked mind for love into an eli eli lamma lamma sabacthani saxophone cry that shivered the cities down to the last radio
with the absolute heart of the poem of life butchered out of their own bodies good to eat a thousand years.
II
What sphinx of cement and aluminum bashed open their skulls and ate up their brains and imagination?
Moloch! Solitude! Filth! Ugliness! Ashcans and unobtainable dollars! Children screaming under the stairways! Boys sobbing in armies! Old men weeping in the parks!
Moloch! Moloch! Nightmare of Moloch! Moloch the loveless! Mental Moloch! Moloch the heavy judger of men!
Moloch the incomprehensible prison! Moloch the crossbone soulless jailhouse and Congress of sorrows! Moloch whose buildings are judgment! Moloch the vast stone of war! Moloch the stunned governments!
Moloch whose mind is pure machinery! Moloch whose blood is running money! Moloch whose fingers are ten armies! Moloch whose breast is a cannibal dynamo! Moloch whose ear is a smoking tomb!
Moloch whose eyes are a thousand blind windows! Moloch whose skyscrapers stand in the long streets like endless Jehovahs! Moloch whose factories dream and croak in the fog! Moloch whose smoke-stacks and antennae crown the cities!
Moloch whose love is endless oil and stone! Moloch whose soul is electricity and banks! Moloch whose poverty is the specter of genius! Moloch whose fate is a cloud of sexless hydrogen! Moloch whose name is the Mind!
Moloch in whom I sit lonely! Moloch in whom I dream Angels! Crazy in Moloch! Cocksucker in Moloch! Lacklove and manless in Moloch!
Moloch who entered my soul early! Moloch in whom I am a consciousness without a body! Moloch who frightened me out of my natural ecstasy! Moloch whom I abandon! Wake up in Moloch! Light streaming out of the sky!
Moloch! Moloch! Robot apartments! invisible suburbs! skeleton treasuries! blind capitals! demonic industries! spectral nations! invincible madhouses! granite cocks! monstrous bombs!
They broke their backs lifting Moloch to Heaven! Pavements, trees, radios, tons! lifting the city to Heaven which exists and is everywhere about us!
Visions! omens! hallucinations! miracles! ecstasies! gone down the American river!
Dreams! adorations! illuminations! religions! the whole boatload of sensitive bullshit!
Breakthroughs! over the river! flips and crucifixions! gone down the flood! Highs! Epiphanies! Despairs! Ten years’ animal screams and suicides! Minds! New loves! Mad generation! down on the rocks of Time!
Real holy laughter in the river! They saw it all! the wild eyes! the holy yells! They bade farewell! They jumped off the roof! to solitude! waving! carrying flowers! Down to the river! into the street!
III
Carl Solomon! I’m with you in Rockland
where you’re madder than I am
I’m with you in Rockland
where you must feel very strange
I’m with you in Rockland
where you imitate the shade of my mother
I’m with you in Rockland
where you’ve murdered your twelve secretaries
I’m with you in Rockland
where you laugh at this invisible humor
I’m with you in Rockland
where we are great writers on the same dreadful typewriter
I’m with you in Rockland
where your condition has become serious and is reported on the radio
I’m with you in Rockland
where the faculties of the skull no longer admit the worms of the senses
I’m with you in Rockland
where you drink the tea of the breasts of the spinsters of Utica
I’m with you in Rockland
where you pun on the bodies of your nurses the harpies of the Bronx
I’m with you in Rockland
where you scream in a straightjacket that you’re losing the game of the actual pingpong of the abyss
I’m with you in Rockland
where you bang on the catatonic piano the soul is innocent and immortal it should never die ungodly in an armed madhouse
I’m with you in Rockland
where fifty more shocks will never return your soul to its body again from its pilgrimage to a cross in the void
I’m with you in Rockland
where you accuse your doctors of insanity and plot the Hebrew socialist revolution against the fascist national Golgotha
I’m with you in Rockland
where you will split the heavens of Long Island and resurrect your living human Jesus from the superhuman tomb
I’m with you in Rockland
where there are twentyfive thousand mad comrades all together singing the final stanzas of the Internationale
I’m with you in Rockland
where we hug and kiss the United States under our bedsheets the United States that coughs all night and won’t let us sleep
I’m with you in Rockland
where we wake up electrified out of the coma by our own souls’ airplanes roaring over the roof they’ve come to drop angelic bombs the hospital illuminates itself imaginary walls collapse O skinny legions run outside O starry-spangled shock of mercy the eternal war is here O victory forget your underwear we’re free
I’m with you in Rockland
in my dreams you walk dripping from a sea-journey on the highway across America in tears to the door of my cottage in the Western night
San Francisco, 1955—1956