E’ saltata la testa del commissario speciale Domenico Francesco Arcuri, sicuramente per la gestione farraginosa del piano vaccinale: poco male, ritorna al suo ruolo in Invitalia. Il problema enorme, adesso sulle spalle del generale degli Alpini, Francesco Paolo Figliuolo (perché se non hai due nomi e uno non è ‘Francesco’ non puoi fare il commissario speciale), è ripianificare la distribuzione dei vaccini, in un momento in cui non sono ancora sufficienti e manca del tutto una regia nazionale che individui e persegua degli obiettivi e priorità.
Le regioni, sempre loro, stanno operando con il solito assetto a geografia variabile, per cui priorità e categorie variano da latitudine a longitudine.
L’obiettivo deve essere mettere tutti in sicurezza, non alcuni. Però bisogna anche essere coerenti con le scelte politiche generali.
Se si decide dunque di tenere aperte attività lavorative e scuole allora le priorità (fatti salvi i medici e il personale sanitario, compresi quelli che negli ospedali fanno le pulizie!) devono essere trovate lì, allora va da sé che debbano essere queste categorie ad avere una certa precedenza.
Scatta un ragionamento (sbagliato o giusto) sull’importanza e la preminenza dei gruppi sociali, per cui ognuno cerca di portare l’acqua al proprio mulino, pretendendo di avere la precedenza sugli altri.
Il mondo della Scuola muove circa 10 milioni di persone, fra alunni e personale scolastico: poco meno di un quinto dell’intera popolazione del nostro Paese. In più ci sono tutti quei servizi (prescuola, doposcuola, mensa e trasporti) che hanno a che fare con la scuola e che non possono essere dimenticate.
Non sarebbe il caso di partire da qui? Sarebbe giusto partire da qui?
Ma esiste un settore o una categoria più importante di un altro, che dunque merita di essere vaccinata prima?
Se poi non se ne vuole fare una questione di categorie di lavoro, proviamo a ragionare sugli aspetti legati all’età ed alla mobilità.
Età | Maschi | Femmine | Totale | % |
0-4 | 1.163.198 51,4% | 1.101.340 48,6% | 2.264.538 | 3,8% |
5-9 | 1.352.240 51,5% | 1.275.716 48,5% | 2.627.956 | 4,4% |
10-14 | 1.460.449 51,5% | 1.374.611 48,5% | 2.835.060 | 4,8% |
15-19 | 1.485.465 51,7% | 1.385.591 48,3% | 2.871.056 | 4,8% |
20-24 | 1.549.020 52,4% | 1.406.868 47,6% | 2.955.888 | 5,0% |
25-29 | 1.605.444 51,3% | 1.523.050 48,7% | 3.128.494 | 5,2% |
30-34 | 1.658.749 50,5% | 1.623.692 49,5% | 3.282.441 | 5,5% |
35-39 | 1.792.981 50,2% | 1.779.210 49,8% | 3.572.191 | 6,0% |
40-44 | 2.089.198 49,9% | 2.098.266 50,1% | 4.187.464 | 7,0% |
45-49 | 2.356.800 49,6% | 2.392.965 50,4% | 4.749.765 | 8,0% |
50-54 | 2.404.144 49,3% | 2.472.560 50,7% | 4.876.704 | 8,2% |
55-59 | 2.213.008 48,8% | 2.324.483 51,2% | 4.537.491 | 7,6% |
60-64 | 1.874.922 48,2% | 2.018.428 51,8% | 3.893.350 | 6,5% |
65-69 | 1.652.740 47,6% | 1.818.274 52,4% | 3.471.014 | 5,8% |
70-74 | 1.555.306 46,8% | 1.769.054 53,2% | 3.324.360 | 5,6% |
75-79 | 1.181.233 44,7% | 1.462.780 55,3% | 2.644.013 | 4,4% |
80-84 | 930.787 41,7% | 1.300.749 58,3% | 2.231.536 | 3,7% |
85-89 | 507.809 36,4% | 888.815 63,6% | 1.396.624 | 2,3% |
90-94 | 179.130 29,1% | 437.230 70,9% | 616.360 | 1,0% |
95-99 | 35.141 21,9% | 125.238 78,1% | 160.379 | 0,3% |
100+ | 2.332 15,8% | 12.472 84,2% | 14.804 | 0,0% |
Totale | 29.050.096 48,7% | 30.591.392 51,3% | 59.641.488 | 100,0% |
Molte regioni sono partite dagli anziani, ma dai molto anziani (in Lombardia ci si vaccina se si è nati prima del 1941), dunque la fascia degli ultraottantenni che in Italia corrispondono al 7,5% della popolazione e che, non me ne vogliano, essendo meritatamente a riposo, pur essendo più fragili, sono meno a rischio contagio perché meno mobili.
La fascia “produttiva”, quella compresa fra i 30 e i 69 anni, corrisponde invece al 54% e comprende i “veicoli” del virus, cioè quelli che andando in giro con maggiore frequenza entrano a contatto con contagiati e a loro volta possono contagiare figli e anziani: ci sono buoni motivi per partire da lì!
Insomma, bisogna fare un piano inclusivo che sia conseguente alle scelte politiche: non si può lasciare aperto il Paese e cominciare a vaccinare chi per età e per mobilità tendenzialmente resta a casa, dunque non usciva neanche prima. Serve un’idea che tenga insieme priorità e fragilità, un’idea che prescinda dalla priorità individuale ma che guardi all’interesse complessivo, serve soprattutto che si acceleri notevolmente.
In ultimo, proviamo a sfatare un altro falso mito: totalmente sbagliato pensare di accaparrarsi i vaccini lasciando senza dosi i Paesi meno ricchi, perché lì si stanno sviluppando varianti del virus che poi arrivano ovunque.
Al contrario bisogna operare con un senso di solidarietà che coinvolga l’ONU e impedisca alle potenze economiche di giocare la solita carta dell’arroganza capitalista di assalto alla diligenza.
Bisogna vaccinare tutti, non illudersi di salvarsi senza pensare a vaccinare il nostro vicino.
Non è una questione di priorità, ma di coerenza delle scelte politiche per tutelare la salute di tutte e tutti.