Il segno nero sull’occhio e il rivolo di sangue fanno capire che lo scontro c’era stato: quel prigioniero, così fiero nel portamento, quasi un dio greco per la grazia e l’armonia del suo corpo, non cederà all’ennesimo interrogatorio, all’ennesima umiliazione.
Carlo Funcelli vuole dare una lezione a tutto il popolo etiope che si sta ribellando all’avanzata fascista e vuole allo stesso tempo rassicurare la Roma fascista che l’impero sta nascendo. Non è necessario avere da lui altre informazioni, basta parole: bisogna passare ai fatti! Ibrahim, traditore passato alla causa dei fascisti per necessità e opportunità, ha lo sgabello e la corda, robusta e flessibile per reggere un uomo e tenerlo in vista qualche giorno. Il prigioniero ha paura, il prigioniero scalcia, si irrigidisce, ma morirà come un martire, come un eroe. Fa sempre paura la morte quando si avvicina e anche i corpi più prestanti si piegano alle grida ed alla tensione del momento solenne. Ettore Navarra è chiamato a fotografare quel momento, a renderlo eterno e tramandarlo ai posteri: tanti scatti, tanti momenti di terrore e orgoglio, mescolati in un unico scatto. E mentre la sera i soldati brindano per esorcizzare l’orrore, sugli altipiani Hirut e Kidane preparano la resistenza…
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