Sicuramente di questo mondiale ci ricorderemo per le tante manifestazioni di protesta a favore dei diritti umani: prima i calciatori iraniani che non cantano il loro inno per protestare contro un regime che sta sopprimendo nel sangue le rivolte di donne e studenti; poi i giocatori tedeschi con la mano sulla bocca in segno di censura nei confronti della FIFA che ha minacciato sanzione ai capitani che avrebbero mostrato una fascia arcobaleno …
Ma è tardi ormai! Il problema andava a affrontato prima del 2010, anno di assegnazione dei mondiali al Qatar.
Immagino che tutti fossero al corrente della situazione civile dell’emirato, che certo non brilla per rispetto dei diritti umani, in particolare dei diritti delle donne e dei lavoratori.
[icon name=”arrow-up-right-from-square” prefix=”fas”] Senza doverci ripetere, mi pare molto più utile in tal senso il riassunto della stampa nazionale ed estera comparso su Ultimo Uomo lo scorso 15 novembre
Perfino il “capo” della FIFA ha sbottato richiamando tutti al sano senso di realtà: il mondiale in Qatar è stato ed è un business per tutti, per l’emirato e soprattutto per le imprese anche straniere che, imperversando sui lavoratori, hanno investito per gli stadi refrigerati e tutto l’indotto che vi ruota intorno.
Non è una novità e non scandalizza nessuno ammettere che il calcio è oggi soltanto business, tanto che mentre ci indigniamo per la violazione dei diritti umani in Qatar, la Lega della Serie A ha venduto i diritti della finale di supercoppa fra due squadre milanesi (Milan ed Inter) per il 18 gennaio fuori dai confini italiani, a Ryad, capitale dell’Arabia Saudita, altro paese che non brilla certo per diritti umani.
Secondo il democracy Index del 2019 l’Arabia Saudita occupa la 159ª posizione su 167 paesi analizzati, con un punteggio di 1,93 su 10,00. Per quanto riguarda il processo elettorale e pluralismo il punteggio è 0,00 su 10,00; la funzione del governo è 2,86 su 10,00; la partecipazione politica è 2,22 su 10,00; la cultura politica è 3,13 su 10,00 e le libertà civili 1,47 su 10,00.
Nonostante le maggiori organizzazioni internazionali come Amnesty International e Human Rights Watch esprimano ripetutamente preoccupazioni per la condizione dei diritti umani in Arabia Saudita, il regno nega che tali violazioni avvengano.
Wikipedia
Non ce’è una morale in questa storia, se non l’amara costatazione che ci si indigna da una parte, ma dall’altra si riscuote il prezzo della propria costernazione a suon di petroldollari (che stanno intando comprando, insieme alle holding cinesi ed americane, allegramente tutte le squadre dei campionati europei utilizzandole come i loro giocattolini dove ripulire soldi sporchi di sangue).
Ma si sa: pecunia non olet.
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