Anarchia, di William Dalrymple [Adelphi, 2022]

Quando il 31 dicembre 1600 molti mercanti inglesi, 218 in tutto, ricevono da Sua Maestà la patente regia per poter liberamente commerciare con le loro navi per tutto il mondo, la Gran Bretagna, ovvero l’Inghilterra, è un Paese contadino che ha trascorso la maggior parte dell’ultimo secolo stritolato da guerre interne di religione.

Nel frattempo le navi spagnole, quelle portoghesi e perfino le navi olandesi tornano cariche di spezie dalle Indie e di oro e metalli preziosi dalle Americhe. Fino ad allora la Corona aveva tollerato e sostenuto la pirateria che permetteva ad alcuni di quei 218 mercanti di portare in patria tesori depredati da navi malcapitate sulle loro rotte: in particolare la Regina Elisabetta I ha in grande stima il pirata Francis Drake, ma per il resto ha giusto qualche bucaniere e una flotta davvero non all’altezza dei concorrenti. Il momento è propizio per una grande opera, affermare il controllo dell’Inghilterra su tutte le rotte commerciali, traendone il massimo profitto in termini economici e territoriali. Per questo il 24 settembre 1599 in un palazzetto di Londra quegli stessi mercanti, qualcuno in meno, ma non meno importante, si erano riuniti per chiedere l’appoggio della Corona e intraprendere un’impresa economica e commerciale che necessitava notevoli sforzi logistici e politici: mettere insieme un capitale, attrezzare una flotta e iniziare proficui commerci sui mari, in modo da accrescere il prestigio politico dell’Inghilterra, ma soprattutto sollevare l’economia della “perfida Albione”. È tempo di uscire con decisione dai confini della remota isoletta dell’Europa e tentare la fortuna altrove. Nasce la Compagnia delle Indie Orientali, un progetto collettivo che farà la fortuna della Corona inglese, sostituendosi completamente alla politica e governando in lungo ed in largo su tutto il globo terrestre, dalle coste orientali dell’America all’India, fino in Cina…

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