Acqua rossa, di Jurica Pavičić [Keller 2022]

1989, un paesino a pochi chilometri da Spalato. Silva è un’adolescente di diciassette anni, apparentemente tranquilla, o meglio con i turbamenti di tutti i ragazzini di quell’età.

La sua famiglia è altrettanto tranquilla: il padre Jakob è impiegato in un’azienda del posto, la madre Vesna è un’insegnante di geografia e il fratello Mate, leggermente più giovane, vive anche lui a suo modo la sua di adolescenza. I genitori attraversano quella fase del matrimonio in cui l’amore è diventato una rassicurante consuetudine: magari desiderano anche qualcosa di più eccitante e di diverso, ma faticano ad immaginare il loro futuro lontani da quella routine. Questo non vale per Silva, la ragazza ha bisogno dei suoi spazi, dei suoi eccessi, della sua libertà. Come tutte le sere anche quel sabato, dopo la cena in casa, saluta il padre e la madre, distratti da altre faccende, come ha sempre fatto, e va dagli amici. Ma dopo quella sera non rientra più in casa. All’inizio i genitori pensano semplicemente che si sia fermata a dormire dal suo ragazzo, Brane, ma lui non ne sa nulla, anzi sono ben due giorni che non ha sue notizie. Mate riesce a ricostruire l’ultima sera della sorella: è stata vista appartarsi con Adrijan, ma lo stesso Adrijan giura di averla lasciata all’una, perché Silva andava di fretta, doveva partire. Mate cade nel panico: non è mai successo. Corre in casa, controlla se ci sono i documenti della ragazza e se ci sono i soldi che stava mettendo da parte di nascosto: niente, sono spariti. Ma non è da Silva sparire così, senza avvertire. Però non c’è altro da fare: Mate si siede lentamente a tavola, sposta il piatto e dice ai genitori che è arrivato il momento di chiamare la polizia, deve essere successo qualcosa di grave alla sorella…

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