Andrea Albissetti, classe 1885, ha coronato il sogno cullato fin da ragazzino diventando capostazione a Tradate, piccolo comune fra Milano e Varese: tutte le mattine dispensa sorrisi ai pendolari che già alle 5 si avviano al lavoro. Col freddo o con il caldo, non importa, lui è sempre lì, sempre lì anche ad accoglierli alla sera quando ritornano stanchi a casa.
Nella giornata della memoria è importante ricordarsi anche chi sono i Savoia
Oggi bisogna parlare della responsabilità di tutti i popoli e di ogni singolo cittadino del mondo per quanto accadrà. Oggi come oggi ogni singolo uomo è tenuto, dinanzi alla sua coscienza, a suo figlio e a sua madre, dinanzi alla patria e al genere umano a rispondere con tutta la forza del cuore e della mente a una domanda: che cosa ha generato il razzismo?
A chi spetta giudicare? A chi spetta mettere delle etichette? A chi spetta condannare?
L’orrore dei campi di concentramento nazisti, tenuti insieme dalla complicità di altri uomini, alimentati dai complici fascisti, ci ricorda quali sono i limiti dell’essere umano, quanto possiamo essere e diventare brutali.
Non abbiamo avuto la nostra Norimberga, anzi lo Stato ha favorito e favorisce ancora la formazione di gruppi neofascisti. Dobbiamo fermarli, perché un pensiero fascista è un pensiero criminale.
Nella mia debolezza estrema ero molto più forte del mio assassino, non avrei mai potuto raccogliere quella pistola, e da quel momento sono stata libera.
La complicità di chi si gira dall’altra parte
l’autore ci racconta come ha trattato gli orrori delle stragi naziste in Italia nel suo ultimo libro. In conversazione con Massimiliano De Conca de Il Mangialibri.
Un’altra bella prova di Silvis, non solo per la narrazione, ma anche perché riporta alla ribalta temi che ancora oggi aspettano delle risposte (fra tutti: i rapporti fra nazisti e Stato Vaticano e l’omertà di Stato nel giudicare i crimini fascisti e nazisti). Da leggere per poter andare oltre i luoghi comuni.
Stefano Massini mette in scena un dialogo immaginario fra la filosofa ebrea e il gerarca nazista: Hannah Arendt ci tenne molto a seguire il processo ad Eichmann, svoltosi a Gerusalemme nel 1961 e concluso con la condanna a morte dell’ideatore della Soluzione Finale; lo guardò dal pubblico, senza poter intervenire.