Prigioniero dell’acqua, di Alexis Diaz-Pimienta

Enildo Niebla li vede bene con i suoi occhi quei pazzi scatenati che urlano per strada, prendono pietre e le scagliano contro i negozi, contro le macchine, contro i palazzi dei membri del governo.

Sono furiosi e allo stesso tempo eccitati, perché è arrivato il momento di esiliare Fulgencio Batista. L’atmosfera è così carica che, anche se è lì per altro, per cercare il fotografo da portare a casa sua per immortalare il compleanno del piccolo Enildo, suo figlio, non ce la fa a star fermo: non era uscito per lanciare pietre contro le vetrine, ma vede quel gesto così liberatorio e si lascia vincere dalla tentazione. Lancia pietre e corre, corre e lancia pietre: non sembra neanche lui, non si è mai lasciato andare a questa foga. Si ferma, si guarda intorno: sembrerebbe tutto molto calmo, ma all’improvviso vede un uomo correre da solo e soltanto dopo qualche secondo una fila immensa di scalmanati che lo inseguono: si tratta di una maledettissima spia del sistema, un nemico del popolo da fare fuori, senza nessuna pietà. Non sa che fare, vorrebbe soltanto cercare il suo fotografo e tornare a casa, la festa sarà già iniziata. Mentre ci pensa, il fiume umano di persone lo investe e così, in modo glorioso, muore Enildo Niebla, eroe della rivoluzione cubana: la moglie, non sapendo di essere diventata vedova, stanca di far aspettare gli ospiti, dà inizio ai festeggiamenti, col chiaro intendo di fargliela pagare al povero Enildo, la dovrà pagare cara…

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