“Perché trovo sempre un lavoro?, mi dicevo, perché non mi lasciano andare alla deriva in pace? Diventare un barbone. Una delle possibilità che contemplavo. Che contemplo tuttora. Poi non ho il coraggio”.
La testimonianza diretta del condannato è tanto più preziosa perché vissuta in un clima di stridente ottimismo, fra processi sommari, anche dei media, e quasi oblio di chi li sbatte nella cella e butta via la chiave. Ma è anche un prezioso ed inquietante reportage che denuncia la “banalità del male” di chi assiste alle esecuzioni per il gusto della notizia
Umé di Cosimo Argentina e Bestïn di Orso Tosco sono i due romanzi brevi, detti anche reportage letterari nel sottotitolo del libro, che compongono le balze straordinarie di un inferno che di dantesco non ha nulla, perché sembra abbandonato da ogni finalità didascalica e da ogni velleità morale, da ogni barlume di rimorso: esistono gli uomini che si muovono come formiche in una quotidianità fatta di espedienti, lavoro, fatica, ma soprattutto sopravvivenza, quasi gelidi e meccanici nei loro movimenti, privi dell’anima, se mai l’hanno avuta.
La pandemia ha fatto aumentare la richiesta di educazione parentale (homeschooling), una scelta che danneggia culturalmente e socialmente gli studenti. Lo sanno i genitori?
“Grazie alla schiena per il suo essere là dov’è”: sono le ultime parole di ringraziamento con cui Marina Vujčić, scrittrice zagabrese che esordisce per i tipi di BEE (Bottega Errante Edizioni), collana estensioni, chiude il suo buon romanzo introspettivo.
Il governo di Berlino sta garantendo oggi la salvezza degli ebrei ucraini, anche attraverso visti permanenti speciali a quelle donne e quegli uomini che sono scampati alla Shoah, e che mai avrebbero immaginato di trovare oggi in Germania, il Paese del Male, la loro salvezza.