Quaranta nomi, di Parwana Fayyaz [Aguaplano 2022]

Roqqeya ama quel momento della giornata, di sera, quando può fermarsi a bere il suo tè sotto un cielo stellato: a quel punto può dimenticarsi tutte le fatiche e rivedere vive nella mente le immagini di una vita in fuga, prima fuori i confini dell’Afghanistan, adesso di ritorno a Kabul.

Roqqeya tesse le sue vesti, con i colori della sua terra e della sua vita: il bordeaux di Kabul, il giallo e arancio del Pakistan, la seta diafana e sottile dell’India. Roqqeya costruisce bambole per le sue bambine, bambole che sopravviveranno alla loro infanzia. Zib conosce bene ogni segreto di una terra arida di sorprese per chi non sa cercare: cammina con i suoi animali nel pascolo e intanto scopre il mondo. Proprio a Zib spetta il compito di portare in salvo quelle quaranta ragazze, quella notte che quaranta padri e quaranta madri hanno bussato alla sua porta. Le porta in una grotta sperduta, a lei solo conosciuta, dove la lontananza e il distacco da tutto e tutti, per quanto doloroso, portano la salvezza di quelle quaranta vite. In quella stessa terra battuta dai lupi, che la notte si spoglia di ogni fatica ed è pervasa da un canto di dolore: è Durrani, la donna pashtun che ha disonorato la sua famiglia perché innamorata di un uomo hazara del suo villaggio, Durrani che torna di notte per cercare sollievo nella sua terra alla luce delle candele accese nel cimitero dove giace il suo amore proibito…


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