Lapidarium di Ryszard Kapuściński è un quaderno frammentario e disorganico che raccoglie riflessioni interiori sul mestiere del giornalista e dello storico. Per questo, come spesso succede con Kapuściński, si va ben al di là della narrazione comune, perché si scava nei dettagli, nei particolari.
Tag: Mangialibri
Il cinico non è adatto a questo mestiere, di Ryszard Kapuściński [E/O 2012]
Il libro non ha una sua età o scadenza: il magistero di Kapuściński resta un passaggio obbligato per chi aspira a fare il giornalista e lo storico, ma più in generale per chi decide che la verità, anche quella universale, vada perseguita giorno per giorno in un continuo dialogo – critico e ermeneutico – con i particolari secondari, quelli che i più considerano insignificanti.
Disturbo della quiete pubblica, di Luca Bizzarri [Mondadori 2020]
Bizzarri ci consegna un esordio sofisticato e audace, che non annoia e non stagna mai né in descrizioni o lezioni di morale. Anzi, il vero pregio è l’assenza di una morale, di un giudizio, perché i drammi si raccontano, non si commentano.
La donna degli alberi, di Lorenzo Marone [Feltrinelli 2020]
Scrivere un romanzo senza dare un nome a nessuno dei personaggi, umani e animali, solo dei soprannomi, e senza (quasi) una trama: questa è stata la vera fatica di Lorenzo Marone.
Le rose di Stalin, di Armando Torno [Marietti 1820, 2020]
Torno ha una capacità narrativa enorme: le descrizioni sono delle fotografie patinate che scivolano piacevolmente sotto gli occhi, che permettono di rivivere quei momenti in presa diretta.
Gridalo, di Roberto Saviano [Bompiani 2020]
L’estrema adesione agli eventi e la commistione fra i fatti narrati e le vicende personali portano Saviano a trascurare, volutamente, la forma per renderla il più diretta possibile: questo l’unico eccesso artistico, ampiamente superato e superabile, di una testimonianza civile che aiuta un po’ tutti a ritrovarsi. Saviano accompagna il lettore in questa lunga passeggiata, fatta di testi e di contesti, di storie e interpretazioni, di scavi. È un invito a non essere superficiali, a non essere indifferenti.
L’ultima traversa, di Paolo Maurensig [Theoria 2018]
critto in modo succinto, non manca di densità, concentrata soprattutto nelle poche pagine che portano all’incontro finale fra il maestro di scacchi e l’aspirante discepolo. Un altro bell’esempio di narrazione, un piccolo cameo che arricchisce la galleria narrativa dello scrittore goriziano, capace di fondere armoniosamente la passione per gli enigmi della vita con l’eleganza della narrazione.
Storia del giallo italiano, di Luca Crovi [Baldini e Castoldi 2020]
Il libro vuole essere in sostanza una storia ragionata e documentata dell’evoluzione del genere giallo, ma allo stesso tempo è una storia leggera, che non si perde in digressioni e punta più al quadro d’insieme che al singolo approfondimento.
La salamandra, di Carmine Sorrentino [Ensemble 2020]
La vicenda di una ragazza veggente che è lei stessa frutto dell’unione di due popoli (cubano/caraibico e slavo), di due culture (santeria ed ortodossia) e di fedi e mondi differenti sintetizza bene la storia individuale di chi ha vissuto il dramma della fine di un’epoca.
La prigione di carta, di Marco Onnembo [Sperling & Kupfer 2020]
Marco Onnembo non è uno scrittore di professione, ma un manager e giornalista che ha sentito la necessità di denunciare un rischio che stiamo davvero correndo nell’èra del digitale spinto: la perdita della certezza della parola scritta.