Se guardiamo anche di sfuggita la bibliografia di Enrique Vila-Matas ci accorgiamo che la sua produzione – o se si preferisce una parte cospicua della sua produzione – è dettata dalla necessità di correggere, se non riscrivere, temi e romanzi noti al grande pubblico.
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Giorgiana Masi – Indagine su un mistero italiano, di Concetto Vecchio [Feltrinelli 2017]
Come con le costruzioni dei Lego, Concetto Vecchio con un’indagine precisa e meticolosa smonta pezzo pezzo il “Caso Giorgiana Masi”, lavorando su tre piani: il fatto (cosa succede), il contesto (perché succede) e la politica (come si interroga lo Stato italiano dopo quella ennesima morte).
Museo del romanzo dell’Eterna (primo romanzo bello), di Macedonio Fernández [Castelvecchi 2020]
Macedonio Fernández è il nume tutelare e ispiratore dell’intera letteratura argentina moderna e contemporanea: scrittore, saggista, poeta, filosofo, riesce ad imprimere, in tempi non sospetti, una vitalità ed una forza al romanzo, scardinandone i limiti comuni e portandolo oltre la fisicità stessa della pagina, del volume.
Il cerchio, di Meša Selimović [BBE 2019]
Il cerchio di Meša Selimović non è solo un romanzo. La parabola narrativa di un giovane uomo, Vladimir, che ripercorre le sue origini, è anche un’interessante analisi socio-politica di uno Stato, che permette di comprendere come venne vissuta dagli jugoslavi la Rivoluzione comunista e di come si sono presentate giorno dopo giorno le crepe che portarono poi alla completa crisi del sistema.
La fine dei vecchi tempi, di Vladislav Vančura [Einaudi, 2020]
È davvero un peccato che Vladislav Vančura sia uno scrittore così poco conosciuto in Italia. Eppure il suo stile, l’ironia delle sue pagine, la visione molto critica e disincantata della vita della primo dopo guerra – parliamo della prima guerra mondiale- sono un balsamo per il lettore.
La ragione contro il potere, di Noam Chomsky e Jean Bricmont [Ponte delle grazie, 2019]
Ancora una volta, Chomsky è limpidissimo nell’illustrare le proprie posizioni: quelle di un intellettuale «rivoluzionario» che, come scrive l’intervistatore Jean Bricmont nella prefazione, «non ha dalla sua che l’arma della ragione; non possiede un esercito, uno Stato, la polizia o i tribunali. […] Non che Chomsky creda ingenuamente nella forza della ragione; ma essa è tutto ciò che abbiamo».
Il giorno mangia la notte, di Silvia Bottani [SEM 2020]
Il romanzo d’esordio di Silvia Bottani, giornalista milanese, è per molti versi convincente: le storie si svolgono e si avvolgono concentricamente in una Milano nera e quasi indifferente, che non è solo cornice, ma essenza stessa della narrazione: un universo di corpi, odori, sogni che si mescolano senza soluzione di continuità, senza pudore.
Tutte le poesie, di Leonardo Sinisgalli [Mondadori 2020]
Si tratta di un percorso attraverso le differenti tappe poetiche, ma soprattutto umane, del poeta lucano Sinisgalli, a partire dalle prime poesie stampate. Domina il paesaggio che si fa anima, che si fa mente e cuore, che si contamina con la prosa fra reale e immaginario. Nei suoi testi – intreccio di poesia, cultura e società – troviamo un intenso amore per la vita, un senso mistico di conciliazione con il mondo, una visione mistica ed estetica. Sinisgalli anima i suoi versi come le sue prose, arricchendole di trasparenti riferimenti intellettuali che sincronizzano canto e parlato, natura e tecnologia.
Il capofamiglia, di Ivy Compton-Burnett [Fazi 2020]
Alberto Arbasino aveva detto dei romanzi di Ivy Compton-Burnett che sono tutte sfaccettature di un’unica grande narrazione. Anche se questo – uscito per la prima volta nel 1935 – più che un romanzo, è un testo teatrale: il dialogo, a volte anche in modo molesto, occupa gran parte della narrazione, l’assorbe e la sovrasta.
Inventario di un cuore in allarme, di Lorenzo Marone [Einaudi 2020]
Con questo libro, Lorenzo Marone lascia per un attimo la strada sicura del romanzo per addentrarsi nella sperimentazione, per l’autore napoletano, del monologo interiore: non che i romanzi non fossero legati a doppio filo ad una certa analisi interiore, ma Marone abbandona l’alter ego dei suoi personaggi per calarsi completamente e spudoratamente in prima persona al centro della narrazione.